DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 11 dicembre 2024
Muhammad al Bashir, il nuovo premier siriano, in una intervista con il Corriere della Sera sostiene che la Siria sia oggi «un Paese libero che ha guadagnato il suo orgoglio e la sua dignità». Una delle domande del Corriere riguarda la «storia di jihadismo alle spalle» di molti ribelli anti-Assad. L’obiettivo è forse la costruzione di un nuovo Stato islamico?, viene chiesto a Bashir. «I comportamenti sbagliati di alcuni gruppi islamisti hanno portato molte persone soprattutto in Occidente ad associare i musulmani al terrorismo e l’Islam all’estremismo. Si è trattato di comportamenti errati e di mancanza di comprensione», risponde il neo premier di Damasco, nell’assicurare che «i diritti di tutte le genti e tutti i popoli della Siria» saranno garantiti nel nuovo assetto di potere. «Capisco bene se dico che siete disposti alla pace con Israele e invece siete ostili a Iran, Hezbollah e Russia?», chiede giornalista. A quel punto, si legge, «Bashir ringrazia e se ne va». Per evitare rischi, racconta il Corriere in un articolo di cronaca, Israele «si è portata avanti distruggendo quel che restava dell’apparato bellico di Assad: con 100 raid al giorno da sabato ha affondato la flotta, distrutto caserme e arsenali, bombardato fabbriche d’armi e ogni installazione sospettabile di far parte del programma per le armi chimiche dell’ex regime». Veementi proteste del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che in una telefonata con la premier italiana Giorgia Meloni ha definito la contestuale avanzata delle forze israeliane nella zona cuscinetto sul Golan «una aggressione». Per La Stampa, «il protagonismo di Erdogan è destinato a crescere ogni giorno di più ed è sulla capacità di interloquire con le ambizioni del Sultano che si misurerà il ruolo di Europa e Alleanza Atlantica».
«La Siria potrebbe essere solo l’inizio», scrive Edward Luttwak sul Giornale, auspicando in un futuro prossimo il crollo di un altro regime: l’Iran degli ayatollah, ormai al potere da 45 anni. Secondo Luttwak, un’eventuale svolta a Teheran «non risolverebbe i problemi del Medio Oriente da un giorno all’altro», ma sicuramente «libererebbe molti iraniani» e porrebbe fine «al sostegno dell’Iran alle sue milizie sciite assassine dall’Iraq allo Yemen». Giuliano Ferrara, sul Foglio, sottolinea: «Con la caduta di Assad, l’Asse della resistenza è amputato. II merito è di Netanyahu, che ha consacrato la pace attraverso la forza e la dignità della guerra». A detta del giornalista, «invece di processarlo, dovremmo ringraziarlo».
L’attenzione mediatica su Israele, oltre che sul fronte siriano, si divide tra la deposizione del premier al Tribunale Distrettuale di Tel Aviv nel processo per corruzione che lo vede imputato e una possibile svolta sul negoziato per il ritorno a casa degli ostaggi (o almeno di una parte di essi). L’accordo, riferisce Repubblica citando le fonti israeliane ed egiziane ascoltate da Yediot Ahhronot, è possibile «nel giro di una o due settimane».
Il Corriere intervista Michel Houellebecq, a 10 anni dall’uscita del suo libro Sottomissione e degli attacchi che sconvolsero la Francia. Un libro profetico, sotto vari punti di vista. «Quando ero al liceo c’erano un sacco di trotzkisti, ma non sarebbero stati pro-Hamas», dichiara lo scrittore francese sull’antisemitismo in crescita negli atenei, fenomeno sul quale ha già sollevato in passato l’attenzione. «La sinistra è cambiata», aggiunge Houellebecq, «ma questo fenomeno ha radici che non comprendo totalmente e che non riguardano solo la sinistra». La sua impressione è che assistiamo a «una forma di senso di colpa occidentale, di volontà di scomparire, di pulsione suicida».