DAFDAF 153 – La scienza, a Chanukkah
Sul numero di dicembre di DafDaf, il 153, abbiamo dedicato tanto spazio ha dedicato alla luce, pensando ovviamente Chanukkah e alle tradizioni collegate con una delle feste ebraiche più amate da tutti. Abbiamo però riservato uno spazio al cinema, che senza luce non potrebbe esistere, e alla scienza, spiegando cosa succede quando si accende una candela. Perché le candele di Chanukkah hanno una magia tutta loro e portano calore e gioia, oltre alla luce. Ma non è solo la magia, anzi! Dietro alla luce delle candele di Chanukkah c’è molta, moltissima scienza. Michele Luzzatto, uno degli autori di DafDaf ci aveva già spiegato cosa succede “dentro” alla luce di una candela già diversi anni fa. E le cose non sono cambiate…
buona lettura, e chag chanukkah sameach!
a.t.
La scienza, a Chanukkah
C’è una magia speciale nelle sere di Chanukkah. È la magia del fuoco.
Non si può fare a meno di guardarlo.
Ma come brucia una fiamma? Cosa succede quando brucia? Perché è calda?
Perché fa luce?
Questa domanda se l’era già posta uno scienziato per cercare di spiegare la scienza ai ragazzi. Si chiamava Michael Faraday ed era inglese. Il signor Faraday aveva scoperto talmente tante cose che gli hanno dedicato il nome di un cratere sulla luna, ed è anche grazie a lui se esistono la radio e la TV, e un sacco di altre cose. Era un signore modesto: un giorno volevano farlo presidente di un’importante società e lui disse di no. Poco prima che morisse gli dissero che volevano seppellirlo nella cattedrale di Londra, accanto alle tombe degli uomini più grandi d’Inghilterra, ma lui di nuovo disse di no. Dei generali dell’esercito, poi, gli chiesero se poteva aiutarli a costruire delle armi. Lo avrebbero pagato bene, ma ancora una volta lui disse di no! Diceva di no a tutti.
Ma un giorno gli hanno chiesto di spiegare la scienza ai ragazzi, e questa volta lui disse di sì! E siccome per spiegare la scienza è sempre bene partire con esempi di cose che si conoscono, lui decise di spiegare come funziona una candela.
Le lezioni vennero talmente bene che le pubblicò in un libro, che si chiama La vita chimica di una candela. Era il 1861, più di 150 anni fa.
Bene, allora osserviamo anche noi le candele a Channukkah.
La candelina è una piccola colonna di una sostanza scivolosa. Una volta era fatta di cera d’api oppure era ricavata dal grasso delle balene o dal petrolio. Oggi è fatta quasi sempre di una sostanza che si chiama paraffina. Ed è un bene che sia così, perché le candele dei tempi di Faraday puzzavano molto…
Dentro alla colonna di cera c’è lo stoppino. È un filo di cotone che da un’estremità sporge un po’. Cosa succede quando lo accendiamo? Succede che il cotone prende fuoco, ma non tutto. Quando la fiamma arriva alla cera si ferma. Dove la fiamma si ferma la cera si scalda, diventa liquida e sale dentro allo stoppino, fino alla punta.
Fa così perché i liquidi hanno la capacità di risalire lungo i tubicini minuscoli delle fibre di cotone, proprio come quando ci asciughiamo le mani. Il cotone “cattura” l’acqua, la fa risalire lungo le sue fibre e così la toglie dalla mano. Allo stesso modo, il cotone dello stoppino “cattura” la cera liquida e la porta su, e lì la cera brucia. Brucia la cera, non lo stoppino!
Cosa vuol dire che brucia? Vuol dire che la cera, liquida e calda, viene a contatto con l’aria fresca della stanza e avviene una specie di incontro violento, dove la cera succhia via l’aria e così facendo si trasforma in qualcos’altro, e questa trasformazione produce calore.
Guardiamo da vicino la fiamma, abbastanza vicino per vederla bene, ma abbastanza lontani da non bruciarci il naso… Al centro c’è lo stoppino e a lui sembra non succeda proprio niente. Ora non respirate: l’aria deve essere più calma possibile. Intorno allo stoppino c’è una zona senza luce. In quel punto la fiamma non c’è: c’è solo un gran turbine di vapore di cera.
Ma tutto intorno, la fiamma invece è viva e luminosa. È lì che avviene l’incontro violento tra il vapore di cera e l’aria della stanza. Lì fa caldo! La fiamma si chiude verso l’alto, in una specie di goccia, che finisce a punta, ma tutti sappiamo che sopra la punta, anche se non si vede niente, fa un bel caldo. A ben guardare però, dalla punta esce qualcosa. Ed è anche logico, altrimenti, se non uscisse nulla, dove andrebbe la candela, che col tempo si accorcia fino a scomparire del tutto?
Piano piano, pezzo a pezzo, la candela esce di là, “va in fumo”, si dice, ma trasformandosi lungo il cammino in pezzetti minuscoli. È l’ossigeno dell’aria che la rompe così, in pezzi talmente piccoli che neppure li vediamo, ed è la rottura di questi pezzi che crea il calore. Dalla punta della candela escono acqua, anidride carbonica e molte altre cose, che prima stavano unite tra loro nella cera.
Così abbiamo il calore; ma la luce? Di per sé il fuoco non farebbe necessariamente luce: basta pensare a una fiamma ossidrica, oggetto inventato proprio da Faraday.
La luce invece deriva dall’incandescenza delle sostanze contenute nella candela, proprio come quando scaldiamo molto il ferro, rendendolo rovente e luminoso. Nella candela ci sono delle sostanze, minuscole come la polvere, e sono quelle che diventano incandescenti scaldandosi, e fanno luce.