LA SPIGOLATURA – La misura del tempo

«La misura del tempo è arte svizzera» recita un orgoglioso slogan dei maestri orologiai del Jura elvetico. Come spesso accade, per comprendere il senso delle cose occorre fare un passo indietro. Nella regione del Jura, in Svizzera, i maestri della gioielleria dovettero confrontarsi con l’austerità del calvinismo che considerava negativamente e con severità l’utilizzo dei gioielli, mettendo in discussione un intero (e fiorente) filone produttivo. Un orafo esperto è dotato di una maestria particolare, ma ha difficoltà a utilizzare diversamente il suo talento. I maestri della gioielleria dell’area di Neuchatel, però, sotto la pressione morale e ideologica del calvinismo, ci riuscirono. Gradatamente si allontanarono dalla produzione di gioielli e si volsero alla produzione di orologi, Attività che divenne famosa per la sua qualità e rimase eminentemente concentrata nella Confederazione Elvetica.
Ma non furono i primi: in precedenza i Maestri dell’Ebraismo si erano preoccupati della misura del tempo e delle stagioni. Non è inutile ricordare, un’ovvietà per quei tempi, che la società, anzi la vita (di tutti) era legata alla natura, molto più direttamente di oggi. Quindi la successione delle stagioni era importante e conoscerla (soprattutto in anticipo) era uno strumento di vita e soprattutto di sopravvivenza: i riti religiosi non potevano quindi prescindere dal considerare il succedersi delle stagioni. È quindi indicativo che all’inizio del Mussaf del sabato mattina ci sia un annuncio speciale: «Così stabilirono nostri venerati Maestri di annunziare alla presenza di questa sacra congregazione, affinché tutti, grandi e piccoli ne abbiano cognizione, avremo il capo mese di….(nome del mese) il giorno…(viene nominato il numerale della settimana), secondo il calcolo dei Maestri».
Ovviamente, non era diffusi calendari e i Maestri si affidavano alla “lettura” della Luna. Vedere il satellite in cielo non è difficile, ma capire, dalla sua forma, cosa succede e soprattutto prevedere cosa succederà è un discorso diverso. Inoltre l’inizio del mese (lunare) è buio, cioè la faccia esposta verso la Terra non è illuminata dal Sole e quindi non è visibile. Da qui la necessità del “calcolo dei Maestri”.
D’altra parte la conoscenza del calendario è fondamentale per riuscire a compiere tempestivamente le varie operazioni agricole, indispensabili per la produzione. Nel rito poi vi è un parallelismo tra le ricorrenze religiose e le operazioni in agricoltura. Lungo le festività autunnali, si raccoglie l’uva e si prepara il vino; si prepara il terreno e si seminano i cereali. Si costruisce la Succà, si raccolgono le olive e si prepara l’olio. A Pesach si comincia a mietere il cereale a ciclo più breve, l’orzo, di cui si doveva portare il primo covone (‘omer) al Santuario. A Shavuot (50 giorni, cioè 7 settimane, dopo Pesach l’epoca della mietitura dell’orzo) si miete il frumento.
Tutte queste operazioni, assai laboriose e fondamentali per la sopravvivenza, dovevano essere eseguite a tempo debito: ecco che i Maestri istruivano e ammonivano indirettamente sulle operazioni agricole da eseguire.
La scelta del momento era vitale per il successo delle coltivazioni e, in mancanza di calendari “cartacei”, i Maestri curavano la tenuta di “calendari” con le osservazioni del cielo e ne rendevano partecipi i membri della comunità. I quali potevano così essere tempestivi nelle operazioni agricole, ma anche puntuali nella celebrazione delle ricorrenze della religione. La corretta osservanza religiosa e la tempestività in agricoltura andavano di pari passo. Quindi l’annuncio del capo-mese che si approssimava aveva una valenza sia agronomica (cioè di sussistenza), sia religiosa.

Roberto Jona, agronomo