DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 2 gennaio 2025

Sulla vettura usata dal terrorista di New Orleans sventolava una bandiera dell’Isis. È caccia a eventuali complici. «Le autorità indagano per terrorismo e stanno cercando di determinare se l’attacco sia stato ispirato oppure diretto dallo Stato islamico», riferisce tra gli altri il Corriere della Sera. Cittadino americano, nato a Beaumont in Texas 42 anni fa, Shamsud-Din Jabbar «aveva servito per anni nell’esercito Usa» e poi «aveva fondato un’azienda immobiliare, ma aveva difficoltà finanziarie e due divorzi alle spalle». In una intervista con Repubblica il conduttore radiofonico Sebastian Gorka, che dal 20 gennaio tornerà alla Casa Bianca come direttore per l’antiterrorismo, dice che gli Usa sono «sul fronte della guerra al terrore» e nel merito accusa l’attuale esecutivo di non aver fatto abbastanza per depotenziare l’urto del radicalismo islamico. «Le forze di Al Qaeda e Isis sono cresciute notevolmente, da quando Biden ha restituito l’Afghanistan al regime fondamentalista dei Talebani», sostiene Gorka. «Ma non possiamo ignorare altri attori, come Hamas che ha massacrato più di 1.200 uomini, donne e bambini innocenti negli attacchi del 7 ottobre».

«Le ultime dichiarazioni del papa sul conflitto in Medio Oriente, le accuse a Israele, mettono a rischio il dialogo maturato negli ultimi 60 anni», dichiara la presidente Ucei Noemi Di Segni al Foglio. «Se prima del 7 ottobre sarebbe stato normale invitarlo in sinagoga, adesso la vedo molto difficile. Non è più una scelta scontata e ovvia». È ovvio che a Gaza c’è un popolo che soffre, prosegue Di Segni, «ma soffre non solo perché c’è una guerra: quel popolo è vittima in primo luogo del terrorismo di Hamas». La presidente Ucei rivolge un pensiero di «vicinanza e solidarietà» a Cecilia Sala, prigioniera da due settimane nel carcere di Evin a Teheran, unendosi alle richieste per la sua liberazione.

“L’Iran si prenda tutti i suoi tifosi”, titola il Giornale sulla vicenda della giornalista sequestrata dal regime degli ayatollah. «Se uno Stato sovrano con quasi novanta milioni di cittadini arriva a sequestrare una giovane giornalista occidentale per ottenere ciò che non riesce a ottenere alla luce del sole né con la diplomazia né con la politica, significa che quello Stato è davvero alla frutta, anche se non gli mancano misteriose complicità», accusa in un editoriale il suo direttore Alessandro Sallusti. «Per esempio, poco più di un anno fa un delegato iraniano ha assunto la presidenza del forum sociale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, e non sto raccontando una barzelletta».

È un caso il fermo del calciatore Stephane Omeonga, ex Genoa, in forza alla squadra israeliana del Bnei Sakhnin. Lo sportivo belga è stato fermato sul volo El Al Bruxelles-Tel Aviv, durante lo scalo all’aeroporto di Fiumicino. La Polaria, intervenuta su richiesta del capo scalo e del comandante del volo, ha spiegato che «il nome del calciatore sarebbe sulla “black list” dello Stato d’Israele, per motivi non specificati» (Corriere della Sera). Il 28enne è stato denunciato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Dal suo canto Omeonga ha sostenuto di essere stato vittima di maltrattamenti.

Daniele De Paz, il presidente della Comunità ebraica di Bologna, spiega al Resto del Carlino perché la Comunità non ha partecipato alla “marcia per la pace” svoltasi ieri nelle strade del capoluogo: «Dal nostro punto di vista non c’erano i presupposti per prendere parte a questa iniziativa. Questo non significa che non siamo per la pace, anzi, proprio perché lo siamo riteniamo che quando si va in piazza non ci debbano essere né contraddizioni né situazioni che, di fatto, dividono anziché unire». De Paz esplicita così questo suo riferimento: «Di fronte al luogo in cui ci saremmo dovuti ritrovare, l’amministrazione comunale ha deciso di esporre la bandiera dello stato palestinese ed è l’unica città italiana ad averlo fatto».