DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 8 gennaio 2024
L’incarico affidato in Austria al leader estremista Herbert Kickl allarma il mondo ebraico. «Se è vero che c’è un generale spostamento a destra in Europa, è chiaro che c’è una differenza notevole tra la premier di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni o il leader della destra olandese Geert Wilders da un lato e Herbert Kickl o la capa dell’Afd tedesca Alice Weidel dall’altro», dichiara il presidente dello European Jewish Congress Ariel Muzicant in una intervista con Repubblica. «E questa differenza mi fa sentire in questo momento come in un déjà vu, come in Germania nel 1933». La Fpö «non è semplicemente un partito di estrema destra», prosegue Muzicant, secondo il quale il 40% dei suoi sostenitori sono Kellernazis, cioè «nazisti da cantina che lontano dai microfoni esprimono le loro idee e convinzioni nazionalsocialiste».
Il Corriere della Sera propone un reportage da Ramallah, la «capitale ferita della polveriera Cisgiordania». Esplosiva appare in particolare la situazione del campo profughi di Jenin, definito «un vero e proprio fronte di guerra per gli israeliani che hanno lanciato più di un’offensiva a caccia di terroristi». Il campo profughi è, allo stesso tempo, anche un «luogo di guerra civile fra attivisti palestinesi della Jihad islamica e di Hamas e le forze di sicurezza palestinesi dell’Anp». Intanto, dagli Usa Donald Trump torna a minacciare il gruppo terroristico: «Hamas rilasci gli ostaggi o sarà l’inferno».
Cecilia Sala è uscita dall’isolamento e condivide ora la cella del carcere di Evin con un’altra prigioniera. A renderlo noto ad alcuni parlamentari l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amedei. Dopo 21 giorni dal suo arresto, scrive La Stampa, «inizia a filtrare un raggio di ottimismo fra le nubi che oscurano l’orizzonte della giornalista». Secondo Repubblica, che parla del suo fermo come di una «delle mine piazzate» sulla strada dell’esecutivo guidato dalla scorsa estate dal “riformista” Masoud Pezeshkian, «gli osservatori più attenti delle dinamiche interne al sistema concordano nel sostenere che il governo non fosse stato avvertito dell’arresto di Sala».
Domani l’Ateneo Veneto avrebbe dovuto ospitare la presentazione di un rapporto di Amnesty International in cui si accusa Israele di genocidio. La concessione della sala è stata revocata per «esclusive ragioni di cautela e di tutela della sede» dopo che «nelle ultime ore sono pervenute alla presidente informazioni che paventano la possibilità di interventi esterni che potrebbero turbare il sereno e corretto svolgimento dell’evento», ha comunicato l’istituzione culturale veneziana in una nota. «La scelta di cancellare l’appuntamento previsto non mi dà alcuna gioia», dichiara alla Nuova Venezia il presidente della Comunità ebraica locale Dario Calimani. «Non ho mai sperato nella sospensione del dibattito, piuttosto avrei voluto che il tema fosse affrontato in maniera equilibrata, supportata dai fatti».
L’artista Miriam Camerini racconta ad Avvenire la difficoltà di rappresentare oggi «musica, teatro, storia e cultura ebraica» in Italia. «Non è il momento», la risposta spesso ascoltata in questi mesi. Per Camerini invece «sarebbe proprio questo il momento», perché «le cose sono estremamente polarizzate» e «molte delle persone con cui entro in relazione mi dicono di sentirsi sole, senza possibilità di confronto con gli altri». A detta di Camerini, «se mettessimo insieme le solitudini dei tanti che non hanno solo certezze monolitiche avremmo una massa critica che potrebbe raccontare la complessità molto oltre il “derby” palestinesi-israeliani».
Il Foglio raccoglie alcune riflessioni dell’intellettuale francese d’area sovranista Michel Onfray, di ritorno da un viaggio in Israele (dove ha ricevuto un premio). «Questo popolo ha il senso della storia, della sua storia, della memoria, della sua memoria, dell’identità, della sua identità», sostiene Onfray. «Un popolo che vuole vivere e quindi non morire, e non c’è nulla che possiamo fare contro un popolo abitato da tale smania di vita».