TEVET – Il mese del ritorno

Durante il mese di Tevet molti eventi hanno gettato un’ombra sulla storia ebraica, segnando momenti di crisi e di riflessione profonda.
L’8 Tevet si ricorda la traduzione della Torà in greco, ordinata dal re greco-egiziano Tolomeo. Consapevole della complessità dell’impresa, egli riunì 72 saggi per ottenere una versione della Torà in lingua greca, con l’obiettivo di offrire ai Greci una comprensione letterale della parola divina trasmessa a Israele sul Monte Sinai. Tuttavia, i Maestri hanno considerato questa traduzione un disastro pari al vitello d’oro, poiché, nel tentativo di rendere la Torà accessibile al pensiero ellenistico, ne fu inevitabilmente tradita l’essenza profonda.
Il 9 Tevet segna un’altra perdita significativa: la morte di Ezra. Egli fu una guida straordinaria che riportò gli ebrei dall’esilio babilonese e avviò un rinnovamento della vita ebraica. Dopo 70 anni trascorsi in Babilonia, in seguito alla conquista persiana e poi greca, il ritorno alla terra d’Israele sembrava impossibile. Ezra, con il sostegno di Ciro, re di Persia, riuscì a motivare il popolo a ricostruire la propria identità nazionale e spirituale. Con la sua opera, egli non si limitò a riportare gli ebrei nella loro terra, ma li ispirò a ritornare a D-o. Tuttavia, se mai un’epoca fu così vicina a una redenzione, la maggior parte degli ebrei preferirono rimanere in Babilonia, Persia e Grecia, attratti dalla vita confortevole che sembrava, purtroppo, normale.
Il 10 Tevet rappresenta un “nuovo inizio” carico di incertezze. Proprio in questo giorno, nell’anno 3336 (425 a.C.), Gerusalemme fu circondata dagli eserciti babilonesi, dando inizio a un assedio durato tre anni e culminato con la distruzione del Primo Tempio il 9 Av. Questo evento segnò l’inizio di un esilio lungo e doloroso che, di fatto, non si è mai veramente concluso. La data del 10 Tevet fu istituita come digiuno dai nostri Maestri, non solo per commemorare l’inizio dell’assedio, ma soprattutto per spingerci a riflettere sulla nostra condizione e sulle nostre responsabilità.
Infatti, il digiuno non è solo un momento di lutto, ma un’opportunità favorevole. Esso ci offre la possibilità di riparare la causa della distruzione del Tempio e di riflettere sul nostro ruolo nella storia. I nostri Maestri insegnano: «Ogni generazione per la quale il Tempio non viene ricostruito è come se fosse stato distrutto in quella generazione». Questo monito ci invita a non rimanere spettatori passivi, ma a riconsiderare il nostro comportamento e a rinnovare il nostro impegno verso la Torà, fonte della nostra identità.
Purtroppo, sin dalla traduzione della Torà nella Septuaginta, l’Ebraismo è stato continuamente adattato al pensiero occidentale, al punto che “traduzione” è divenuta sinonimo di tradimento. Anche oggi, in un mondo in cui liberalismo e giudaismo sono spesso considerati sinonimi, è urgente riscoprire la vera essenza della nostra tradizione.
Il mese di Tevet è, dunque, il mese del ritorno e della ridefinizione. È un tempo prezioso per riscoprire chi siamo veramente e chi vogliamo essere. Questa riflessione personale e collettiva rappresenta la chiave per la nostra redenzione, sia come individui sia come popolo. Seguendo il percorso tracciato da Ezra, possiamo rinnovare la nostra identità e rafforzare il legame con la Torà, affinché il lungo esilio possa finalmente giungere al termine.

Rav Eliahu Alexander Meloni