BOLOGNA – Luzzatto Voghera (Cdec): “Causa palestinese pretesto per violenze”
«Quando si gioca con il fuoco, alla fine ci si scotta. Questo è il rischio che si corre quando le simbologie vengono utilizzate in maniera non ragionata». Il simbolo in questione è la bandiera palestinese, usata non per rivendicare diritti ma per compiere violenze, sottolinea il direttore della Fondazione Cdec di Milano, Gadi Luzzatto Voghera. È accaduto a Bologna nel fine settimana, dove la strada in cui si affacciano gli uffici della Comunità ebraica è stata imbrattata con la scritta “Giustizia per Gaza libera”.
La manifestazione doveva essere un presidio per Ramy Elgaml, il 19enne di origine egiziana morto a Milano lo scorso 24 novembre durante un inseguimento dei carabinieri. «Ma le proteste con il povero Ramy non c’entravano nulla. Così come nulla c’entravano le bandiere palestinesi e gli slogan su Gaza». Eppure c’erano e, come in altre occasioni, sono stati usati «come pretesto per compiere violenze, picchiare la polizia e danneggiare la Comunità ebraica», afferma il direttore della Fondazione Cdec. È una strumentalizzazione ormai collaudata. «E l’amministrazione di Bologna, nonostante tutta la buona fede, avrebbe dovuto capirlo».
Il riferimento è alla decisione del sindaco Matteo Lepore di esporre fuori dal Comune proprio la bandiera palestinese. «È stata un’azione molto imprudente. È fondamentale che le amministrazioni non si appiattiscano sulle dinamiche della piazza e sulle sue strumentalizzazioni. Anche perché, in mezzo al tritacarne, come in questo caso, ci va la Comunità ebraica. Se una bandiera, quale che sia, diventa simbolo non di legittime rivendicazioni nazionali ma di violenza, non deve essere utilizzata».
Per il direttore della Fondazione Cdec, la politica dovrebbe avere «maggiore cautela». A maggior ragione in un periodo storico in cui la situazione in Medio Oriente ha generato un aumento esponenziale degli episodi di antisemitismo. «Dopo il 7 ottobre 2023 abbiamo assistito a un incredibile aumento di attacchi antisemiti in Italia, sia online sia nella vita reale. E il dato più preoccupante è proprio sull’aumento di quelli offline», spiega il ricercatore dell’Osservatorio Antisemitismo, Stefano Gatti.
Nel 2023 l’Osservatorio aveva registrato 450 casi di antisemitismo in Italia. «Nel 2024 siamo passati a 780», afferma Gatti. Riguardo al caso di Bologna, con amarezza il ricercatore sottolinea «di essere solo stupito che non sia accaduto prima». Ci sono stati, aggiunge, episodi simili in questi mesi e serve maggiore fermezza da parte delle autorità. «La situazione richiede un’azione decisa. Penso sarebbe necessario l’intervento del Presidente della Repubblica per condannare questa escalation».
Come già denunciato in passato dall’Osservatorio, dietro a rivendicazioni pro-palestinesi e contro Israele si nasconde una retorica antisemita che mescola vecchi e nuovi stereotipi. «Dobbiamo tornare con i piedi per terra: i diritti e la libertà di parola sono sacrosanti, ma non possono diventare un pretesto per la violenza», riprende Luzzatto Voghera.
«Bisogna smettere di usare i simboli come strumenti di conflitto quotidiano. La simbologia, quando non è utilizzata con consapevolezza, diventa pericolosa». Come accaduto a Bologna.
Daniel Reichel