DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 15 gennaio 2025
I quotidiani aprono oggi sulla tregua a Gaza, descritta come imminente. «Il cessate il fuoco è questione di giorni o di ore», ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu a una piccola delegazione del Tikva, il forum di destra dei parenti che spingono per la linea dell’intransigenza, scrive Repubblica. «Aspettiamo la risposta di Hamas. Sono pronto a un cessate il fuoco prolungato a condizione che vengano restituiti tutti gli ostaggi. Inizieremo con la liberazione di qualcuno, ma non lasceremo Gaza finché non avremo recuperato tutti». 33 dovrebbero essere gli ostaggi liberati in una prima fase, riportano Il Messaggero e Il Corriere. Non si sa quanti siano in vita, scrive tra gli altri Il Giornale. In tutto, nelle mani di Hamas ci sono 98 ostaggi, di cui almeno 30 sono stati dichiarati deceduti.
«Aspettiamo i rapiti, non sappiamo se sarà una festa o un funerale», è l’amaro commento a Repubblica di Daniel Lifshitz, che dal 7 ottobre non sa più niente di suo nonno Oded, 84 anni, uno dei più anziani ostaggi a Gaza. Di sentimenti contrastanti tra i parenti degli ostaggi parlano diversi quotidiani. «Vogliamo tutti e 98 i rapiti a casa, vivi e morti, e in una volta sola», chiedono le famiglie (Repubblica). Il Corriere raccoglie alcune testimonianze da Gaza e parla di un misto di speranza, paura e scaramanzia tra i civili palestinesi.
Oltre all’ostacolo Hamas, Netanyahu deve fare i conti anche con le critiche interne al suo governo. Le fazioni più estremiste sono contrarie all’intesa. Ma, afferma lo scrittore Assaf Gavron a Repubblica, «Bibi non ha più paura del ricatto dell’estrema destra perciò accetterà il cessate il fuoco». Secondo Gian Micalessin (Il Giornale), l’intesa «poteva essere siglata mesi fa risparmiando vite» e aggiunge che i terroristi sono sì «decimati e senza leader, ma non sono battuti».
L’Italia sostiene Israele per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, mantenendo l’Anp come interlocutore. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, a margine di un incontro con l’omologo israeliano Gideon Sa’ar a Roma. Sa’ar, intervistato dal Corriere, critica l’Anp, accusandola di proteggere e finanziare i terroristi, ed esclude al momento la nascita di uno Stato palestinese perché «vorrebbe dire creare uno stato con Hamas». Sull’imminente tregua, il ministro sottolinea come i punti più difficili delle trattative siano legati ai «terroristi da rilasciare» e «al ruolo delle truppe israeliane nella transizione» a Gaza. Nell’intervista, Sa’ar replica poi alle accuse del papa a Netanyahu (definito come il responsabile del conflitto in Medio Oriente): «Israele è stata attaccata da ogni fronte. Abbiamo soltanto risposto. Forse qualcuno ci può incolpare di averlo fatto meglio dei nostri nemici, ma nessuno può dire che Israele o Netanyahu abbiano cominciato questi conflitti».
Nell’incontro con Sa’ar, riporta Il Sole 24 Ore, il ministro Tajani ha annunciato che nei prossimi giorni si recherà nuovamente in visita in Israele e nei territori palestinesi «per lavorare per la pace».
Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, scrivono Corriere e Foglio, ha presentato a una conferenza del think tank Atlantic Council un piano per il dopoguerra a Gaza, prevedendo una gestione provvisoria internazionale per ricostruire e amministrare il territorio senza Hamas, con il futuro trasferimento all’Autorità palestinese riformata. Il piano include una forza di sicurezza internazionale e investimenti arabi, subordinati a un accordo per uno Stato palestinese unificato con Gaza e Cisgiordania. Blinken ha parlato dell’importanza della normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita, ma, sottolinea Il Corriere, tutto dipende dalle scelte dell’amministrazione Trump.
Secondo Stefano Stefanini (La Stampa), Netanyahu con Trump avrà un buon feeling, ma su due questioni i due potrebbero non essere in sintonia: le condizioni pro-palestinesi (i “due Stati”) richieste dall’Arabia Saudita per aderire agli Accordi di Abramo; e cosa fare con l’Iran sulla questione nucleare, accordarsi o attaccare. «Trump non vuole altre guerre; Netanyahu non esita a farle. Bibi è sopravvissuto a tanto, Donald pure: sarà una bella gara», scrive Stefanini. Sempre La Stampa propone sulla situazione tra Israele e Gaza una doppia intervista a Gabriele Segre e Anna Foa. Entrambi sottolineano la necessità di «superare l’odio» generato dal conflitto.
Avvenire intervista rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana, alla vigilia della Giornata del dialogo tra cristiani ed ebrei. «Il dialogo ebraico-cristiano, in questo frangente particolare, è in una situazione di crisi. Noi abbiamo anche preso in esame di non partecipare a questa Giornata. La situazione è molto difficile. Abbiamo sentito una mancanza di empatia da una parte del mondo cristiano e cattolico», afferma Arbib, denunciando anche «la demonizzazione di Israele. Nel mondo ci sono conflitti terribili, alcuni causano milioni di morti, ma se ne parla pochissimo. Sembra che la sottolineatura sia sempre sulla terra di Israele, e questo anche, nel nostro sentire, per i vertici del mondo cattolico».
Tra gli interventi per la Giornata del dialogo ebraico-cristiano, Repubblica e Corriere Bologna segnalano il messaggio congiunto del presidente della Comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz, e dell’arcivescovo e presidente della Cei, Matteo Zuppi. Nel messaggio si condanna l’antisemitismo e ogni forma di odio e si sottolinea «il dolore per tutte le vittime» del conflitto in Medio Oriente «sia israeliane che palestinesi».
Molti quotidiani ricordano Furio Colombo, giornalista, parlamentare e intellettuale morto a Roma a 94 anni. Il Corriere segnala il cordoglio espresso a Pagine Ebraiche dalla senatrice a vita Liliana Segre e riporta il messaggio della Comunità ebraica di Roma in cui si sottolinea il suo ruolo chiave per l’istituzione del Giorno della Memoria. La Stampa, quotidiano per cui Colombo ha lavorato per decenni, lo definisce «uno spirito libero» e, nel farne un ritratto, Cesare Martinetti parla della sua ultima battaglia: «Nonostante la sua aperta critica al governo Netanyahu, non ha risparmiato Elly Schlein per l'”ambiguità” della posizione del Pd su Israele: “L’antisemitismo che in Italia era fascista, sta penetrando anche a sinistra”».