DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 16 gennaio 2025

«Hamas-Israele: è tregua», titola in prima pagina il Corriere della Sera sulla notizia del giorno: l’intesa per un cessate il fuoco di 42 giorni raggiunto tra Israele e Hamas. L’accordo è stato annunciato ufficialmente nella serata di ieri, 467 giorni dopo le stragi di Hamas del 7 ottobre che hanno causato la guerra. Tre le fasi dell’intesa, con l’inizio previsto per domenica quando, oltre allo stop ai combattimenti, dovrebbero essere rilasciati i primi cinque ostaggi. L’intesa prevede la liberazione di 33 dei 98 rapiti nelle mani di Hamas in cambio di un progressivo ritiro delle forze israeliane da Gaza e della scarcerazione di diverse centinaia di detenuti palestinesi. Il premier Benjamin Netanyahu ha parlato con i presidenti Joe Biden e Donald Trump per ringraziarli dell’aiuto nei negoziati. Entrambi hanno rivendicato il proprio ruolo per raggiungere l’intesa, sottolinea il Corriere della Sera.

Nella lista dei 33 ostaggi da liberare, riportano tra gli altri Stampa e Giornale, ci sono donne, sia civili che militari, bambini sotto i dieci anni, adulti over 50, malati e feriti. Secondo alcune fonti, anche i due americani Keith Siegel e Sagui Dekel, figurano nell’elenco dei 33. «Domenica, il giorno uno della tregua, Hamas libererà tre ostaggi, e la speranza è di vedere in vita i due bambini dai capelli rossi, Kfir e Ariel Bibas in braccio alla loro mamma», scrive Repubblica. In un altro articolo il quotidiano però riporta i molti timori sul destino dei fratellini Bibas. Per loro come per tutti gli ostaggi, sottolinea Repubblica, Israele è in ansia e per questo ieri non ci sono state grande celebrazioni nel paese.

Secondo l’intesa, la liberazione dei 33 ostaggi avverrà in quest’ordine: domenica 3, poi dopo una settimana altri quattro, poi tre rapiti ogni sette giorni, fino alla sesta settimana quando andrà a casa il resto del primo gruppo. Per 9 ostaggi feriti Israele si è impegnato a rilasciare 110 ergastolani, per ogni adulto 30 detenuti, per ogni donna soldato 50 detenuti. Saranno scarcerati anche 1.000 palestinesi di Gaza arrestati dopo l’inizio del conflitto ma che non hanno partecipato al massacro del 7 ottobre. Nella prima fase l’esercito si ritirerà progressivamente nella zona cuscinetto lungo il confine nord-est della Striscia e dopo la prima settimana gli sfollati palestinesi potranno tornare nel nord dell’enclave. Ai civili feriti sarà permesso di uscire dal valico di Rafah. Il protocollo include l’ingresso quotidiano di 600 camion di aiuti umanitari (Repubblica). Il 16esimo giorno di tregua sarà il momento per negoziare la seconda fase che dovrebbe durare un altro mese e mezzo con la consegna di tutti gli ostaggi e la fine dei combattimenti (Giornale).

I diversi analisti parlano di una tregua fragile. Per Maurizio Molinari (Repubblica) ad esempio è fragile «perché tanto Israele che Hamas lo interpretano solo come una tappa verso un obiettivo strategico che permane: eliminare l’avversario». La fase più delicata, sostiene Stefano Stefanini (La Stampa) sarà l’autogoverno della Striscia, senza truppe israeliane e, sulla carta, senza Hamas. L’analista israeliano Michael Milshtein, intervistato da Repubblica, non crede a questa eventualità: «Mi aspetto un’operazione di cosmesi da cui risulterà che l’Autorità palestinese, insieme a Paesi esteri, saranno i responsabili della ricostruzione di Gaza, dell’attraversamento dei confini e di tutti gli aspetti amministrativi, ma Hamas continuerà ad avere un peso». Anche Fausto Biloslavo (Giornale) sottolinea come la tregua sarà usata dai terroristi per riorganizzarsi, non per deporre le armi. Un rischio, scrive sulle stesse pagine Fiamma Nirenstein, che Netanyahu è pronto ad accettare. Un rischio, sostengono alcune famiglie degli ostaggi interpellate da La Stampa, che si sarebbe potuto prendere prima: «Questa liberazione arriva troppo tardi», commentano. Sulle stesse pagine Elena Loewenthal sottolinea: «Questa tregua è accolta come una salvezza anche se gli ostaggi – vivi o morti – dobbiamo ancora vederli».

«Questa tregua non scioglie le molte nubi che pendono sul Medio Oriente: l’Iran, per quanto debole, rimane un’incognita. E nel governo israeliano si prevede un terremoto», scrive su Domani Davide Assael, riferendosi alle contestazione dell’estrema destra alleata di Netanyahu all’intesa. Le prossime ore, in cui il gabinetto israeliano dovrà approvare l’intesa, saranno decisive per capire la tenuta della coalizione, sottolinea Repubblica. Per la sopravvissuta alla Shoah Edith Bruck ora Netanyahu «deve affrontare i processi». Di una intera «classe politica incompetente» parla Matti Friedman al Foglio, ma per Israele «ci sono tante ragioni di ottimismo, come l’affascinante numero di bambini che nonostante la guerra continuano a nascere, con tassi superiori a tutti i paesi occidentali».

«Ho parlato coni ministri Tajani e Nordio. Non c’è nessun problema per chiunque venga a Roma, nemmeno per Netanyahu». Dopo le indiscrezioni dei media, è stato il ministro degli Esteri d’Israele Gideon Sa’ar a confermare pubblicamente che l’Italia non arresterà Benjamin Netanyahu in base al mandato della Corte penale internazionale qualora il premier dovesse visitare l’Italia. «Ci sono delle immunità, e le immunità vanno rispettate», ha confermato il capo della diplomazia italiana, Antonio Tajani (Corriere e Stampa).

Su Domani lo storico Michele Sarfatti racconta le rotte clandestine degli ebrei perseguitati durante la Shoah. «Amicizie, disperazione, fortuna, soldi, speranza e vigore. Questo occorreva nel’42 per lasciare la Germania verso l’Italia», spiega Sarfatti. «Un passaggio storico senza sufficiente ricerca».