DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 17 gennaio 2025
Israele e Hamas hanno firmato a Doha l’accordo per la tregua e la liberazione degli ostaggi. «Lo Stato di Israele è impegnato a raggiungere tutti gli obiettivi della guerra, incluso il ritorno di tutti i nostri ostaggi, sia vivi che morti», si legge in una nota diffusa nella notte dall’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Oggi il governo di Gerusalemme si riunirà per ratificare l’accordo, in un clima politico incandescente. Il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, contrario all’iniziativa, ha annunciato la volontà di dimettersi. Al contrario il leader dell’opposizione Yair Lapid ha assicurato «appoggio al governo per l’ok all’accordo». Nel mentre, riferisce il Corriere della Sera, «l’esercito e i servizi segreti stanno allestendo i piani per il recupero degli ostaggi rilasciati, 33 nella prima fase». Mobilitato tutto il sistema sanitario. «Ancora una volta i principali centri medici del paese, lo Sheba, il Sourasky, hanno allestito stanze accoglienti, coperte e suppellettili colorate, pigiami nuovi, bottiglie di shampoo e sapone, per far sentire a casa chi tornerà», racconta Repubblica. Anche se dopo 470 giorni di prigionia, «medici e autorità avvertono che la situazione sarà molto diversa» rispetto alle prime liberazioni di ostaggi nel novembre del 2023.
Uno dei 99 ostaggi è Itay Chen, dato più volte per morto. Il padre Roby, al Corriere, dice: «Vivo o morto io rivoglio mio figlio indietro. Abbiamo bisogno di lui. Anche se fosse stato ucciso, la mia famiglia deve poterlo avere accanto per andare avanti e superare la tragedia che ci ha travolti».
Arie Kacowicz, professore di Relazioni Internazionali all’Università ebraica di Gerusalemme, in una intervista con La Stampa sottolinea una «questione chiave» da affrontare: chi e come sostituirà Hamas nel governo di Gaza. Per Kacowicz «è doveroso» che il ruolo tocchi all’Anp, insieme all’Onu e ad altri attori regionali e non. Con La Stampa parla anche lo scrittore Etgar Keret. «Il conflitto israelo-palestinese non finirà con la forza, deve prendere una strada diversa», sostiene l’autore. È crollata la Siria, Hezbollah è in crisi, l’Iran è stato ridimensionato. Ma, per Keret, «il problema dei palestinesi resta irrisolto e lo resterà finché non avranno un paese». Secondo il politologo statunitense Ian Bremmer, interpellato dal Giornale, «se Kamala Harris avesse vinto non credo che ora avremmo un accordo, ci sarebbe voluto di più». Per Bremmer «la tempistica e l’urgenza sono merito in gran parte di Trump e del suo inviato in Medio Oriente Steve Witkoff».
Durante l’evento “Pellegrini di speranza” alla Pontificia Università Lateranense, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha sostenuto che la Chiesa sta cedendo di nuovo «alla tentazione di tagliare i ponti con l’ebraismo». Ne scrivono vari giornali. Per Il Foglio, tra gli altri, al rabbino «sono bastati una quindicina di minuti di intervento pubblico per dare l’idea del clima “inquinato” che minaccia il dialogo tra mondo ebraico e Chiesa cattolica».
Dino Meneghin, leggenda della pallacanestro italiana, ricorda in una intervista con Libero le ore di tensione e angoscia vissute a Monaco nel 1972 durante l’attacco terroristico palestinese contro la squadra israeliana. Per Meneghin, da allora, «i Giochi non sono mai più stati come prima».
Esce oggi in libreria Quando imparammo la paura. Vita di Laura Geiringer sopravvissuta ad Auschwitz. Nel volume, edito da Marsilio, Frediano Sessi ripercorre la storia di una giovane donna ebrea triestina unica superstite della sua famiglia e verosimilmente sottoposta a sperimentazioni durante il suo internamento nel famigerato lager nazista.