DIALOGO – Rabbini italiani: Con la Chiesa momento critico
Da Milano a Roma, la Giornata del dialogo ebraico-cristiano (17 gennaio) ha due fili conduttori. Il Giubileo, tema scelto per questa 36esima edizione, ma soprattutto l’allarme del mondo ebraico per la frattura in corso con la Chiesa cattolica. «Siamo davanti a un momento di crisi del dialogo interreligioso», ha confermato ieri Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e presidente dell’Assemblea rabbinica italiana. Nella sala della Fondazione Culturale Ambrosianeum di Milano, il rav, davanti all’arcivescovo della città, Mario Delpini, ha sottolineato come dai vertici della Chiesa, a partire dal papa, «quest’anno c’è stata una scarsa empatia e una sottovalutazione della questione dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo».
Un messaggio ribadito nelle stesse ore a Roma dal rabbino capo della città, Riccardo Di Segni. «Questo è un momento nel quale sembra che la Chiesa, o una parte della Chiesa, stia cedendo di nuovo alla tentazione di tagliare i ponti con l’ebraismo. La guerra che si è scatenata dal 7 ottobre ha avuto tra le sue vittime collaterali il dialogo ebraico-cristiano», ha sottolineato il rav. Con la guerra scatenata da Hamas «nel mondo si è sollevata un’ostilità anti israeliana, a volte limitata alla critica del governo e del suo premier, ma poi allargata al popolo ebraico che si era stretto solidale con le sorti di Israele minacciato». Si è diffuso così un vocabolario «funzionale alla demonizzazione e al ribaltamento del senso di colpa per il genocidio». Sono state usate parole con radici antiche nell’antigiudaismo: la crudeltà degli ebrei, la volontà di vendetta, l’attacco ai bambini. E mentre questo accadeva, ha denunciato Di Segni, esponenti della Chiesa, dalla base al vertice, invece che «bilanciare questi vocaboli», li hanno «rilanciati e ripresi. E così hanno fatto da cassa di risonanza e avallo morale alla condanna di Israele».
Il rabbino capo di Roma ha poi sottolinea come Israele rappresenti storicamente un «nervo scoperto», capace di suscitare reazioni sproporzionate. «È la condizione speciale di Israele nella storia e nella fede dell’umanità. Che il più delle volte porta l’umanità a esprimersi nei confronti di Israele nel peggiore dei modi possibili, come in questi giorni, ma che potrebbe e dovrebbe avere invece un’evoluzione virtuosa e positiva», ha concluso il rav. «È questa la sfida per chi ancora spera nel dialogo. Un dialogo da mesi rovinato, ma che non è e non deve essere, per chi crede, un evento banale da interrompere».
Criticità sollevate anche in altri incontri in Italia, come a Catania, dove sono intervenuti il rabbino capo di Napoli Cesare Moscati e il vicepresidente Ucei Giulio Disegni, evidenziando lo squilibrio delle affermazioni dei vertici della Chiesa su quanto accade nel conflitto Israele e Hamas.
d.r.