SHIRIM – Morte interiore (Jiří Mordechai Langer)

Morte interiore (Canto sui toni dell’Est Europa e delle Lamentazioni)

Il sole è al tramonto 

estremo

crepuscolo

di una sera di primavera-

tutto termina, sfugge.

Il silenzio si è fregiato della stola

delle tenebre, spiega le ali sul giardino.

Cupa tristezza, mia sola compagna, che non tradisce

sono il viandante

oltre il chiasso delle città clamorose.

La luna distilla la sua magia

in un mormorio tra gli alberi

l’usignolo, lontano,

intona un canto doloroso tra le rose.

Continuo a vagare, inabissandomi nel grembo della notte.

Silenzio sopra ogni cosa-

il fruscio dell’albero è cessato,

il cinguettio dell’usignolo

svanisce

come muore nell’intimo

il cuore dell’uomo-

non osi tremare

per l’amore segreto

l’amore che muore.

Proponiamo per Shirim i versi di Jiří Mordechai Langer (1894-1943) nella traduzione a cura di Federico Scardanelli.

L’intitolazione pone l’accento sui toni cupi delle suggestioni che si offriranno, e tuttavia il poema abbonda di fervida bellezza, sublimi visioni del vero.

Il diuturno morire del sole, il sopraggiungere della notte come tenebra inesorabile. 

I fenomeni naturali paiono tutti adombrare l’ineluttabile morte. Silenzio, solitudine, soli compagni dell’osservatore notturno.

E in questo oscuro naufragare distilla la luna la sua arcana magia, facendola come sgocciolare tra le fronde degli alberi. Non molto distante un usignolo confida alle rose il suo pianto. E il poeta coglie, nel finire del canto, nel sovrumano silenzio della notte, il segno d’una morte antica, umana e di carne, che di ogni anelito sussurra il perire, di ogni fede la fine. 

Crudele. Finanche le profondissime notti rigurgitano del folle desiderio d’esistere, né pur mai si cela all’occhio velato la dolcezza dell’estremo istante meraviglioso.

E trema, oh sì! Trema.

Trema l’amore che non può non amare.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno