ISRAELE – «Emily, un intero stadio ti aspetta»
I tifosi del Tottenham salutano la giovane liberata

«She’s one of our own, she’s one of our own, Emily Damari, bring Emily home», cantavano i tifosi del Tottenham negli scorsi mesi, aspettando di riabbracciare «una di loro»: l’ostaggio Emily Damari.
Ora che è tornata in libertà, dopo 471 giorni di prigionia a Gaza, la 28enne con cittadinanza israeliana e britannica ha ringraziato i tifosi della squadra londinese, facendosi fotografare con la sciarpa degli Spurs.
Emily «non vede l’ora di tornare a Londra per vedere la sua squadra del cuore giocare al White Hart Lane», ha raccontato Max Radford, tifoso che le ha consegnato la sciarpa. «Si è commossa quando ha sentito parlare di tutte le persone straordinarie che hanno lanciato palloncini gialli durante le partite e legato nastri gialli intorno allo stadio», ha aggiunto Radford, ricordando alcuni gesti di solidarietà organizzati dalla tifoseria degli Spurs. «L’aspettiamo allo stadio».
Nell’attacco del 7 ottobre 2023, Damari ha perso due dita della mano sinistra, l’anulare e il medio. In una delle prime foto da libera, si è fatta fotografare facendo il gesto «rock on» con la mano fasciata. Un gesto celebrato dalla stampa israeliana come una risposta coraggiosa all’orrore vissuto. Un designer e artista israeliano, Aviad Amargi, lo ha ricreato, trasformandolo in una emoji. Quel gesto di Emily, accompagnato al suo sorriso, ha spiegato Amargi, «rappresenta i sentimenti di un’intera nazione, ferita il 7 ottobre sia fisicamente che psicologicamente, ma che continua a essere forte».
«Emily è sempre Emily: la sua personalità è ancora intatta», ha raccontato a ynet l’amico di una vita Inbar Rosenfeld, dopo averla incontrata allo Sheba Medical Center, dove è in cura. «Ma ci sono molte cose che sono cambiate. Lo si vede dagli occhi e dal linguaggio del corpo. C’è un cambiamento significativo, inevitabile. Tuttavia non ha perso il suo umorismo e la sua voglia di fare battute, è quello che la fa andare avanti». Durante l’incontro tra i due, Damari ha raccontato di aver ascoltato in prigionia un po’ di radio e di televisione. «Sapeva dei suoi amici di Kfar Aza uccisi, ma non aveva un quadro completo».
Secondo l’emittente 12, Damari e le altre due donne rilasciate, Romi Gonen e Doron Steinbrecher, hanno raccontato di essere state spostate continuamente durante la prigionia. «Non pensavo che sarei tornata. Ero sicura che sarei morta a Gaza», la testimonianza di una delle tre, che ha aggiunto di aver saputo del suo imminente rilascio solo la mattina della consegna. «Eravamo terrorizzate durante il trasferimento dai terroristi alla Croce Rossa a causa della folla ostile di Gaza».
Per l’amico Inbar è stato importante riabbracciare Emily. Lui il 7 ottobre ha perso la sorella Hadar e il cognato Itay, assassinati dai terroristi di Hamas mentre si trovavano nella loro casa, nel kibbutz Kfar Aza. Assieme alla famiglia, Inbar si prende cura dei loro due gemelli, rimasti orfani a solo un anno di età. «Abbiamo due ricordi viventi davanti agli occhi, quindi è difficile non pensare a Hadar e Itay. Fai il bagno ai loro gemelli e pensi: «Come fanno a non essere qui?» Essere genitori era il loro sogno; purtroppo non potranno realizzarlo veramente», ha sottolineato Inbar al quotidiano Israel Hayom.
d.r.