ISRAELE – «Impedire un 7 ottobre che parta dalla Cisgiordania»

La situazione in Medio Oriente continua a evolversi tra le tensioni in Cisgiordania, il futuro della Striscia di Gaza e le relazioni internazionali. Uno dei fronti sotto osservazione è l’area di Jenin, dove l’esercito ha avviato ieri una larga operazione anti-terrorismo denominata “Iron Wall”.
La Cisgiordania settentrionale, dove si trova Jenin, è stata descritta come «inondata di armi iraniane» da Yossi Amrosi, ex funzionario dello Shin Bet, in un’intervista alla Radio 103FM. Amrosi ha sottolineato che l’operazione “Iron Wall”, simile a missioni precedenti, riveste un’importanza strategica per prevenire attacchi terroristici in territorio israeliano. «Se Hamas in Cisgiordania avesse gli stessi strumenti di cui dispone a Gaza, tragedie come quella di Kfar Aza potrebbero ripetersi a Kfar Saba», ha avvertito Amrosi, alludendo all’attacco del 7 ottobre 2023 al kibbutz del sud d’Israele.
Secondo l’ex ufficiale dello Shin Bet, le tattiche militari impiegate a Gaza potrebbero essere adattate per le operazioni in Cisgiordania, inclusa l’evacuazione della popolazione da aree specifiche per condurre perquisizioni casa per casa fino a raggiungere ogni terrorista.
Parallelamente, la discussione sul “giorno dopo” a Gaza rimane al centro delle preoccupazioni israeliane e internazionali. Le recenti notizie su un possibile maggiore ruolo dell’Autorità nazionale palestinese nella gestione della Striscia hanno sollevato dibattiti. Secondo i media arabi, Israele avrebbe accettato, in incontri al Cairo, di consentire all’Anp di gestire il valico di Rafah con supervisione internazionale. L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha smentito parzialmente queste ricostruzioni, sottolineando che l’Autorità guidata dal presidente Mahmoud Abbas ha attualmente un ruolo limitato e che il controllo del valico resta nelle mani di Tsahal e dello Shin Bet.
Il premier Netanyahu ha anche ribadito la sua opposizione a un ritorno dell’Anp a Gaza, accusandola di esaltare il terrorismo e di sostenere l’attacco del 7 ottobre. Tuttavia, alcuni membri dell’apparato di sicurezza israeliano considerano questa opzione il «male minore». Già nel 2024, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant aveva definito questa eventualità l’alternativa più praticabile per Israele.

Un accordo fra Gerusalemme e Riad?
Con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, sono tornate d’attualità le trattative per arrivare a una normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita. Il ministro per gli Affari Strategici Ron Dermer ha negato che Israele abbia promesso, come parte di un accordo con Riad, di sostenere la creazione di uno Stato palestinese. «Non esiste alcuna promessa di questo tipo», ha dichiarato alla Knesset. Nelle stesse ore il presidente d’Israele, Isaac Herzog, ha sottolineato da Davos che il tema palestinese rimane centrale nei colloqui con i paesi arabi. Herzog, pur essendo un sostenitore della soluzione a due Stati, ha ammesso che l’attacco del 7 ottobre ha cambiato la sua visione. «Deve esserci un cambiamento nella politica palestinese», ha sottolineato il presidente israeliano.