TORINO – Una pietra per lo studente Arturo Levi

Arturo Levi frequentava la seconda B del Regio Liceo Alfieri di Torino quando fu espulso dall’istituto a causa delle leggi razziali. «Si sapeva pochissimo di lui. Anche in Comunità non c’erano informazioni», racconta Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino. Ottant’anni dopo, a rivelarne la storia, e a promuovere la posa di una pietra d’inciampo (Stolperstein) in sua memoria è stata un’altra seconda B, quella che oggi frequenta il liceo Alfieri. «I ragazzi e i docenti hanno fatto un lavoro esemplare, ricostruendo la vita di Levi. Ci sono ancora altre informazioni da trovare, ma è stato un percorso formativo importante per gli studenti». Un percorso concluso con la posa della Stolperstein ieri in corso Galileo Ferraris 134, ultima abitazione di Levi. «È stata una cerimonia pubblica a chiusura di una giornata in cui abbiamo posizionato altre 5 pietre, portando il numero complessivo in città a 159. Un segno di come Torino non dimentichi le sue ferite», afferma Disegni.
La mattinata torinese si è aperta con la presentazione del portale «Il passaggio del testimone: dalle microstorie alla storia», un progetto promosso dalla Comunità ebraica di Torino in collaborazione con Il Pitigliani di Roma, l’Istoreto e il Meis di Ferrara. Il portale fornisce alle scuole un patrimonio di testimonianze legate agli eventi della seconda guerra mondiale, dalla persecuzione nazifascista alla Resistenza. «È un progetto che, attraverso le microstorie, aiuta gli studenti a comprendere a pieno il periodo storico. Speriamo possa essere utilizzata dalle scuole di altre città», sottolinea Disegni.
Microstorie da far conoscere come quella di Arturo Levi. Nato a Reggio Emilia nel 1919 e figlio di un ufficiale del regio esercito, dopo l’espulsione dall’Alfieri il 18enne Arturo cercò lavoro per potersi mantenere. Trovò un impiego in una ditta locale, ma con l’armistizio dell’8 settembre 1943 decise di entrare nella Resistenza, collaborando con il servizio informazioni e rifornimento dei partigiani. Scoperto, fu arrestato il 27 ottobre 1943. Imprigionato prima alle Carceri Nuove di Torino poi a San Vittore, fu deportato dal famigerato Binario 21 della stazione Centrale di Milano ad Auschwitz il il 6 dicembre 1943. «Qui fu costretto a lavorare nella fabbrica Buna, la stessa di Primo Levi», spiega Disegni. «Nella tragedia, Arturo Levi fu segnato anche da una triste sfortuna: il 26 gennaio 1945, un giorno prima la liberazione del campo, fu deportato a Buchenwald, dove morì un mese dopo».
In sua memoria e in memoria degli altri due ebrei a cui ieri sono state dedicate le pietre d’inciampo, Cesarina Levi (Corso Giulio Cesare 46) e Cesare Levi (Via Bellezia 15), è stato recitato il kaddish. «È stato possibile grazie alla presenza di molti membri della Comunità, ma c’è stata una importante partecipazione trasversale: dalle istituzioni locali alle scuole». Un segno, conclude Disegni, «che fa ben sperare in questo momento in cui siamo impegnati a combattere le distorsioni e le banalizzazioni della Shoah».