M.O. – Hamas viola gli accordi e rafforza il suo potere

Hamas tornerà sui suoi passi e rilascerà, come da accordi, tre ostaggi israeliani sabato? È l’interrogativo sul tavolo del gabinetto di sicurezza israeliano, riunitosi oggi a Gerusalemme per discutere la mossa del gruppo terroristico. L’esercito è stato messo in stato di massima allerta. Il rischio che l’accordo salti e riprendano i combattimenti è alto, scrivono i media israeliani. Le famiglie dei 76 ostaggi sequestrati a Gaza ne sono consapevoli. Anche oggi hanno manifestato a Gerusalemme e Tel Aviv per chiedere al primo ministro Benjamin Netanyahu di fare il possibile perché l’accordo venga rispettato.
Nel frattempo, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha esortato il gabinetto a dare un ultimatum a Hamas: «Dobbiamo ri-arrestare i terroristi rilasciati e annunciare che, se succede qualcosa ai nostri ostaggi, estenderemo la nostra sovranità su un ulteriore 5% di Gaza». Ad ogni ostaggio ferito, ha affermato Smotrich, «corrisponderà un 5% in più». Il ministro ha aggiunto che «il presidente Usa Donald Trump è dalla nostra parte».
Secondo l’emittente N12 in queste settimane di tregua, Hamas sta rapidamente riprendendo il controllo nella Striscia di Gaza. Ha ricostituito la sua polizia, ripreso la riscossione delle tasse e imposto il controllo sulle istituzioni pubbliche. «I suoi leader sfruttano funerali dei terroristi e la liberazione degli ostaggi per rafforzare la propaganda, mentre le moschee e le scuole vengono utilizzate per riaffermare la loro autorità», spiega N12. «Nonostante i danni subiti, Hamas dimostra di mantenere il potere, segnalando chiaramente di non avere intenzione di lasciare la scena politica e militare della regione». Un problema strategico per Israele e Stati Uniti, che hanno promesso una Gaza libera da Hamas.

Le minacce di al-Sisi
Nel mentre Gerusalemme e Washington devono anche fare i conti con la rabbia dell’Egitto. Il Cairo ha minacciato di rivedere l’accordo di pace con Israele se gli Stati Uniti interromperanno gli aiuti economici e militari, come ventilato dal presidente Trump. La crisi nei rapporti tra Usa ed Egitto, scrive ynet, è la più grave degli ultimi decenni, con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che ha sospeso un incontro previsto alla Casa Bianca. L’Egitto e la Giordania si oppongono al piano di Trump di trasferire i rifugiati palestinesi da Gaza nei paesi vicini, temendo ripercussioni politiche e sociali. Se le minacce statunitensi si concretizzassero, potrebbero portare a nuove alleanze regionali sfavorevoli a Israele, sottolinea ynet.
La strategia del pugno duro di Trump per il momento non ha dunque funzionato sull’Egitto, ma qualche effetto lo ha avuto sull’Autorità nazionale palestinese. Il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas ha deciso l’abolizione del sistema di pagamento ai terroristi uccisi in attentati o detenuti nelle carceri israeliane e alle loro famiglie. Il programma, in vigore da anni, determinava l’entità dell’indennità in base alla durata della pena: i condannati ai reati più gravi spesso ricevevano le somme più elevate, spiega il Times of Israel. Secondo il sito israeliano, la cancellazione di questo provvedimento – definito dal governo israeliano il programma «pagare per uccidere» – rappresenta una vittoria di Trump: l’Anp vorrebbe in questo modo riallacciare i rapporti con la Casa Bianca. A Gerusalemme l’annuncio di Ramallah è stato ricevuto con scetticismo. L’Anp, dichiarano ai media alcuni funzionari israeliani, continuerà a effettuare i pagamenti ma userà altri canali.