MILANO – Atzeni: «La Memoria a scuola? So come non va fatta»

Andrea Atzeni, insegnante al Liceo scientifico «Leonardo da Vinci» di Milano, ha avuto il coraggio di opporsi a un Giorno della Memoria che qualcuno voleva mutare in un evento anti-israeliano. Nel farlo, ha anche usato toni duri: «Resta solo da chiedersi – ha scritto in una mail ai suoi colleghi – se il nome del Collettivo “Primavera” rievochi più l’inno Giovinezza o il film “Springtime for Hitler”».
Davide Romano lo ha intervistato per Moked/Pagine Ebraiche.

Prima di tutto i fatti: cosa è successo?
Ho ricevuto una contestazione disciplinare dalla dirigente del liceo in cui insegno perché avrei disatteso i miei doveri professionali e violato qualche divieto relativo all’impiego della posta elettronica scolastica. Non ci sono ulteriori dettagli. La contestazione, per il resto, riporta i contenuti di due mie email rivolte alla comunità scolastica, con le quali denunciavo certa vergognosa propaganda a scuola da parte di un collettivo studentesco.
D.R.: La sua mail cosa denunciava, di preciso?
A.A.: Che la mattina del 27 gennaio la dirigenza aveva autorizzato alcuni studenti del cosiddetto Collettivo a girare per tutte le aule dell’istituto, apparentemente per proporre alle classi una riflessione su quanto accaduto durante la Shoah, in realtà per stravolgere il significato del Giorno della Memoria: nel loro volantino il 75% dello spazio era dedicato a Gaza e solo il 25% alla Shoah.
D.R.: Qual era il messaggio che volevano veicolare gli studenti del collettivo?
A.A.: Evidentemente ritengono eccessivo assegnare tanta importanza alla Shoah. Ritengono possano esserle assimilati molti altri eventi storici. Quello più attuale e più importante ai loro occhi è quanto accade a Gaza. Pur concedendo che il 7 ottobre è accaduto qualcosa di deplorevole, a Gaza si starebbe svolgendo un vero e proprio genocidio, peraltro in continuità con quanto gli israeliani farebbero a partire dal 1948. Nel loro volantino non può non colpire la malizia con cui si prospetta il 15 maggio 1948: “Il 15 maggio con la prima invasione dei territori palestinesi da parte di Israele, a seguito della risposta della popolazione locale all’insediamento dello stato ebraico, è infatti cominciato il massacro del popolo palestinese”. Un capolavoro, nel suo genere.
D.R.: Come hanno reagito gli studenti alle polemiche?
A.A.: In verità gli unici che si fanno sentire sembrano sempre fare parte della stessa minoranza fanatizzata. Qualcuno in privato e individualmente ne prende le distanze con una sana risata. Purtroppo però per il resto prevale l’indifferenza e il silenzio.
D.R.: Purtroppo è normale che le maggioranze non dicano nulla di fronte agli estremisti. Non a caso Liliana Segre ha voluto che la parola “Indifferenza” apparisse all’ingresso del Memoriale della Shoah. Come hanno reagito le istituzioni scolastiche dopo che il caso è emerso sulla stampa?
A.A.: Ufficialmente finora in nessun modo. Leggo che la dirigente si è limitata a rispondere alla stampa e che rilascerà dichiarazioni soltanto nelle “sedi opportune”. Ufficiosamente qualche collega si esprime: in genere si deplora la carenza di pluralismo all’interno della scuola e l’intervento censorio nei miei confronti. È diffusa però anche l’opinione che la questione dovesse restare entro le mura scolastiche (la “sede opportuna”?). Al di fuori l’immagine del nostro istituto potrebbe uscirne macchiata.
D.R.: A proposito di pluralismo nella scuola: quest’anno in occasione del Giorno della Memoria sono emersi non pochi problemi in diverse scuole per rispettare il dettato della legge. Dal suo osservatorio che impressione ha avuto?
A.A.: Il mio osservatorio non è poi così privilegiato. Nelle grandi città probabilmente alcuni studenti più sprovveduti vengono trascinati dagli agitatori di piazza. Proveranno il brivido di partecipare a mobilitazioni decisive. So di alcuni istituti dove si stenta a mantenere l’ordine pubblico e ogni occasione è buona per il protagonismo degli estremisti. Tutti i ragazzi comunque ormai vengono sicuramente raggiunti dalla propaganda digitale.
D.R.: A suo parere è “solo” la questione della guerra tra Israele e Hamas ad avere creato problemi al Giorno della Memoria, o c’è altro?
A.A.: Dedicare uno specifico giorno al ricordo della Shoah lasciò subito perplessi molti esperti. Si forniva un utile alibi per liquidare burocraticamente una questione complessa e per togliersi così il pensiero. Il 7 ottobre invece ha fornito incredibilmente l’alibi per ribaltare completamente il senso dell’appuntamento.
D.R.: Secondo lei qual è la ricetta per gestire al meglio la Memoria a scuola?
A.A.: Non credo ci sia una ricetta. Se c’è, non la conosco. Se però non si spiega almeno cos’è l’antisemitismo nelle sue varie forme nel corso di oltre duemila anni né perché la Shoah ha un carattere esemplare e suoi tratti tragicamente esclusivi, e neppure cos’è un autentico genocidio, allora forse è meglio lasciare perdere. C’è anche il non piccolo problema che del popolo ebraico a scuola non si parla mai, se non magari in relazione a singole vicende storiche perlopiù tragiche. È più facile dire come non va gestita la Memoria. Mi diceva una collega che nella sua classe il 27 gennaio sono passati degli studenti che hanno esordito: vabbè oggi si ricorda la Shoah, e per saperne qualcosa potete vedervi per esempio La Vita è Bella, però… Ecco, evitiamo il però. E magari anche la solita proiezione del pur simpatico Benigni.

Davide Riccardo Romano