TU BISHVAT – L’ambientalismo ebraico

Negli ultimi decenni sono emersi diversi gruppi e organizzazioni che, ispirandosi ai principi ebraici, promuovono sostenibilità ambientale, tutela della natura e sensibilità ecologica. Fra i movimenti ecologisti ebraici negli Usa spicca Hazon, promotore della sostenibilità attraverso programmi educativi; nel Regno Unito la piattaforma ecojudaism.org.uk si definisce «la risposta della comunità ebraica britannica alla crisi climatica», le cui battaglie si collocano all’incrocio tra attivismo contemporaneo, etica ambientale e una tradizione religiosa dalle radici profonde. I passaggi della Torah e del Talmud che sottolineano l’importanza del rispetto dell’ambiente sono numerosi: per esempio il concetto di Bal Tashchit, “non distruggere”, deriva dalla proibizione di abbattere gli alberi da frutto durante l’assedio di una città (Deut. 20:19-20) ed è stato esteso nel corso dei secoli sino a diventare un più ampio divieto contro lo spreco e la distruzione inutile. Un principio che ora spinge all’uso responsabile delle risorse e si riflette sul rispetto per la biodiversità e per i cicli della natura. E anche quando viene contestato il passaggio in cui agli uomini viene dato il dominio sugli animali e sulla terra (Genesi 1:26-28) va ricordato che l’essere umano viene posto nell’Eden «per coltivarlo e custodirlo». Così nell’ottica ecologista prevale il senso di responsabilità, l’idea che l’essere umano non sia padrone assoluto bensì custode, con il compito di bilanciare sviluppo e conservazione. Uno dei principi più citati è di fatto una trasposizione dell’idea dello Shabbat in un’ottica ambientalista: e da giorno di riposo settimanale diventa un’opportunità per riconsiderare il rapporto tra esseri umani e natura. Viene poi proprio dal Talmud Bavli (Shabbat 67b), il brano in cui si parla del rischio di קלקול הארץ (kilkul ha’aretz), ossia del «deterioramento della terra» causato da comportamenti irresponsabili: il benessere della terra viene collegato al comportamento etico degli esseri umani, e la cattiva gestione delle risorse è considerata non solo un errore pratico, ma anche una trasgressione morale. Ne emerge una discussione più ampia sui comportamenti umani che potrebbero danneggiare il mondo fisico o alterarne l’equilibrio e, nonostante non sia un trattato esplicitamente ambientalista, il Talmud spesso considera il mondo naturale non solo come risorsa, ma come un’entità da rispettare in cui terra, piante e animali hanno un ruolo divino: il loro deterioramento è una violazione dell’ordine creato.

a.t.