DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 12 febbraio 2025
O i prossimi ostaggi saranno liberati nei termini previsti, oppure a Gaza tornerà la guerra «finché Hamas non sarà definitivamente sconfitto».
Le parole del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu mantengono alta l’attenzione mediatica sul Medio Oriente, in attesa di capire le prossime mosse del gruppo terroristico palestinese. Intanto il presidente americano Donald Trump ha incontrato a Washington il re giordano Abdallah II per parlare di Gaza e dei suoi progetti per la Striscia. Abdallah era accompagnato dal figlio Al Hussein e, secondo il Corriere della Sera, ha passato «due ore difficili» in compagnia dell’ex tycoon. Cercando da una parte «di proteggere un miliardo e mezzo di aiuti che riceve dagli Stati Uniti» e allo stesso tempo «restando evasivo sul piano di Trump» dedicato a quell’area. Per La Stampa, Abdallah si muove sul filo «di un fragile equilibrio», anche se ieri Trump «è stato meno tranchant» rispetto ai giorni precedenti.
L’ipotesi che il conflitto riprenda a breve resta sullo sfondo. Repubblica scrive che «le lancette della pace e della guerra corrono velocissime in queste ore in Medio Oriente: e mentre la diplomazia si affanna a trovare una soluzione per “il giorno dopo”, è possibile che la guerra, invece di finire, riprenda». Non crede a una rottura della tregua nell’immediato l’analista israeliano Kobi Michael, intervistato dal Giornale. A suo dire, Hamas starebbe prendendo tempo «per ottenere nuove concessioni, dividere l’opinione pubblica israeliana, rafforzarsi militarmente» e puntare all’obiettivo finale di «ristabilire il controllo su Gaza». In ogni caso, «penso che Hamas alla fine consegnerà la lista degli ostaggi venerdì e li restituirà».
Tra i sostenitori del piano di Trump c’è il ministro italiano delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, ieri a Gerusalemme. «È un cambio di schema. Se con lo stesso schema non risolvi un problema per decenni, probabilmente cambiare prospettiva è il modo migliore per arrivare a una soluzione pacifica», ha dichiarato il vicepremier. «Salvini fa l’ultrà in Israele», titola Repubblica nel dare conto del viaggio. Mentre secondo La Stampa, l’attivismo sulla scena internazionale dello stesso avrebbe irritato la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «La visita di Salvini in Israele ha suscitato un certo fastidio alla Farnesina», si legge, «perché il leader leghista sembrava atteggiarsi da ministro degli Esteri e, più in generale, per il trumpismo ostinato con cui sta inaugurando il suo personalissimo nuovo corso».
Sulla sorte degli ostaggi israeliani prevale nel mondo occidentale una sostanziale indifferenza. A denunciarlo è Ernesto Galli della Loggia, in un editoriale sulla prima pagina del Corriere. Per l’opinionista si tratta di una indifferenza «che è venuta crescendo pian piano da decenni, sempre meno nascosta, sempre più vicina all’insofferenza, e dalla quale, a me pare di capire, il popolo di quel lembo di terra si sente avvolto e come soffocato». È un’indifferenza, aggiunge Galli della Loggia, «che sembra destinarlo a una paurosa solitudine: la medesima che esso ha sperimentato per secoli».
Il Foglio racconta come il regime iraniano avrebbe messo nel mirino «obiettivi ebraici in Europa». Il primo paese di cui si parla è la Svezia. Qui Aron Verstandig, il presidente del Consiglio delle comunità ebraiche locali, e Saskia Pantell, il presidente della federazione sionistica, sono stati pedinati da «un uomo e una donna che fingevano di essere rifugiati afghani». Pantell in particolare, riporta l’articolo, «è minacciata di morte da Teheran».