LA POLEMICA – Emanuele Calò: L’Atlante e la mattonella rifiutata
Ho avuto occasione di sfogliare l’Atlante storico dal Novecento ai giorni nostri, di Diego Fabbri, edito da Giribaudo. Vien detto che nel 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite stabilì la nascita in Palestina di uno Stato per gli ebrei e di uno Stato per gli arabi (…) Se la maggioranza degli ebrei accettò la partizione proposta, pressoché la totalità dei palestinesi e dei governi arabi la respinse, anche perché questa negava l’accesso al Mar Rosso e al Mar di Galilea. L’anno successivo il fronte ebraico dichiarò unilateralmente la nascita dello Stato d’Israele, cui seguì l’esodo di gran parte della popolazione araba (..) e la guerra dichiarata dai Paesi limitrofi (..).
Nostre osservazioni
Il carattere unilaterale della Dichiarazione d’Indipendenza è dovuto al mancato rispetto da parte araba della procedura prevista dalla Risoluzione ONU 181/1947, che si è estrinsecato nel promuovere prima una guerra civile e dopo l’invasione da parte di diversi eserciti arabi. Questo atto di violenza, espressamente teso a eliminare gli ebrei, era incompatibile con l’avvio di detta procedura, la quale prevedeva anche la nascita di uno Stato arabo democratico, con pari diritti per le donne. I pari diritti per le donne alla data d’oggi, ancora non esistono. Limitarsi a discorrere di unilateralità, sembra un modo di negare legittimità allo Stato d’Israele.
Il periodo risulta capzioso anche laddove si dice che pressoché la totalità dei palestinesi e dei governi arabi la respinse, anche perché questa negava l’accesso al Mar Rosso e al Mar di Galilea. Tutto si gioca su questo “anche”, senza chiarire se questo “anche” indichi una questione dirimente oppure una questione aggiuntiva. Non è certo problematico sciogliere il nodo: la questione dell’accesso al Mar Rosso e al Mar di Galilea è totalmente inutile, perché basta leggere il cablogramma del 15 maggio 1948 al segretario generale dell’Onu mandato dal segretario generale della Lega Araba, dove si chiarisce (ma non ve n’era bisogno) che non si accettava l’esistenza di uno Stato ebraico nemmeno se avesse assunto le dimensioni di un francobollo o di una mattonella.
Inoltre, la guerra non fu dichiarata dagli Stati limitrofi, come scrive Fabbri, bensì non soltanto dai “quattro Stati confinanti”, bensì dagli eserciti egiziano, siriano, libanese, giordano, iracheno e da “volontari” provenienti dall’Arabia Saudita, dallo Yemen e dalla Libia.
La protesta che non lo era
Già in passato, Dario Fabbri (Editoriale, nella rivista Domino, di cui è direttore responsabile Enrico Mentana, 4/2023, p. 7) aveva scritto, nei riguardi degli ebrei del mondo arabo: «Con la comparsa dello Stato ebraico, furono espulsi dai propri Paesi in protesta per l’occupazione della Palestina». La frase è una contraddizione vivente, un ossimoro: gli ebrei sono stati espulsi dai Paesi arabi «con la comparsa dello Stato ebraico» oppure «per l’occupazione della Palestina»? Piuttosto, l’espulsione dei cittadini ebrei per un fatto a loro estraneo (e, peraltro, pienamente legittimo) può essere qualificato come una «protesta»? Se cacciassimo i cittadini italo – cinesi per protestare contro, per dire, i fatti di Tienanmen o del Tibet, coi quali non hanno nulla a che fare, potremmo dire che si tratta di una protesta o di un atto disumano?
Emanuele Calò