PURIM – Il precetto comandato della Memoria

A Purim ricordiamo la persecuzione persiana nel periodo tra il primo e il secondo Tempio. L’odio parte dal ministro Aman che cerca di corrompere il re Achashverosh per sterminare il popolo ebraico. Il conflitto inizia quando Mordechai, guida degli ebrei al tempo, si rifiuta di inchinarsi davanti al ministro. Secondo il commento questi non voleva piegarsi in quanto l’antagonista portava intenzionalmente al collo un idolo. L’odio in principio si rivolge a Mordechai ma, e questo è interessante, si estende poi a tutto il popolo ebraico.
Appare chiaro che «kol Israel arevim ze baze», «tutto Israel è responsabile uno per l’altro»: il nostro comportamento deve essere ineccepibile non solo per noi stessi, le nostre azioni possono condizionare la situazione e la stabilità dell’altro. Grazie all’intercessione della regina Ester il re Achashverosh concederà agli ebrei il diritto di difendersi dal precedente editto di distruzione – una salvezza miracolosa vestita da tutti i giorni. L’intervento di D-o nella storia di Purim è nascosto, così come la regina stessa nasconde le sue origini all’inizio, così come è celato anche ai nostri giorni; sta a noi alzare un po’ più lo sguardo e arrivare ad esserne consapevoli. E da dove viene Aman? Aman è discendente di Amalek, il nemico per eccellenza del popolo di Israele, che attacca gli ebrei nel deserto appena usciti dall’Egitto. Amalek è discendente di Essav che, nonostante la apparente riconciliazione con Yaakov dopo l’inganno per la primogenitura, è rimasto ai ferri corti con il fratello trasmettendo questa disarmonia ai discendenti. È raccontato nella parasha di Beshallach che appena il popolo si dimostra debole e sembra avere poca fede, arriva il nemico che lo attacca alle spalle e, riporta Rashi, «è come se raffreddasse l’acqua», aprendo la strada a tutti gli attacchi successivi. Dopo i miracoli durante e dopo l’uscita dall’Egitto, nessun popolo avrebbe osato colpire Israel: erano impauriti e immobilizzati. Il valore numerico del termine “Amalek” è lo stesso di “safek”, dubbio. Ogni volta che gli ebrei hanno un dubbio sulla vicinanza del Signore, ecco che lasciano spazio al nemico. Amalek dunque è fuori e dentro di noi, è sia un nemico esterno sia uno interno. E infatti la battaglia nel deserto viene vinta, come dice Moshe, guardando le sue mani rivolte verso il cielo: ogni volta che il popolo guarda le sue braccia alzate, vince in battaglia. «Le sue mani erano emuna fino al tramonto del sole» (Shemot 17.12). «Le sue mani erano fede». Con la fede si vincono le guerre, così sembra dire il testo. E con l’aiuto degli uomini che combattono in basso sotto la guida di Yehoshua.
Di nuovo nel Tanach troviamo Amalek, al tempo di Shaul: Hashem ordina al re di eradicare il nemico, estirparlo fino in fondo. Shaul non riesce nel suo intento, forse per pietà o per non essere criticato. Per questo perderà il regno. Lo Shabbat prima di Purim è detto “Shabbat Zakhor”, lo “Shabbat del Ricordo”. È obbligo andare a sentire la lettura aggiuntiva in cui viene detto: «Ricorda quello che ti ha fatto Amalek quando uscivate dall’Egitto, quando ti è capitato per la strada e ha colpito tutti i più deboli dietro di te e tu eri stanco e non temevi il Signore» (Devarim 25.17). Dobbiamo ricordare quello che ci hanno fatto i nostri nemici, i vari Amalek della nostra storia, che hanno preso forme e bandiere diverse ma che avevano in comune un odio atavico.
Dice Rashi commentando la parashà di Vaishlach che è una halakhah, intesa come una condizione necessaria, che Essav (dal quale viene proprio Amalek) odi Yaakov: con questo dobbiamo fare i conti, è un qualcosa con cui convivere e un ostacolo da superare. Dobbiamo ricordare quello che ci hanno fatto i nostri nemici, per non farlo più riaccadere e per rispetto di quelli di noi che sono caduti. Un “Giorno della memoria” per noi, questa volta, come precetto comandato.
Continua il testo: «E avverrà quando il Signore tuo Dio ti darà riposo da tutti i tuoi nemici intorno, nella terra che il Signore tuo Dio ti dà come eredità, cancellerai il ricordo di Amalek da sotto al cielo, non dimenticare» (Devarim 25. 19). Adesso dobbiamo ricordare, ma verrà un tempo in cui non ci saranno più nemici e non avremo più la necessità di farlo, presto ai nostri giorni.

Micol Nahon

(Immagine: Almix)