LA PROPOSTA – Sergio Della Pergola: Un governo ombra per Israele
Con l’approvazione della legge di bilancio da parte del governo israeliano, la data per le prossime elezioni è praticamente fissata per la fine di ottobre 2026. Questa notte, poi, la Knesset ha approvato le nuove norme sulla composizione della commissione preposta all’elezione dei giudici, aumentando il dominio della politica governativa nei confronti del potere giudiziario. Il voto a favore di 67 a 1, con l’abbandono dell’aula parlamentare da parte dell’opposizione, suscita sinistre analogie con la scelta dell’Aventino, esattamente cento anni dopo.
Due cose sono diventate chiare nelle ultime settimane. Una è che la posizione della coalizione tende a rafforzarsi a spese dell’opposizione. Secondo i sondaggi, l’opposizione non ha attualmente la maggioranza necessaria per formare un governo senza la partecipazione dei partiti arabi. Nella realtà attuale del paese, quest’ultimo scenario si è già rivelato auspicabile, ma insostenibile. E inoltre: il bilancio dello Stato è stato approvato con incredibile facilità, quasi senza interruzioni, “un gol a porta vuota”. Durante il voto, non è emersa alcuna opposizione organizzata e militante che avrebbe potuto complicare almeno in parte lo scandaloso prodotto omologato dalla Knesset.
Ora, il leader conduttore in carica può continuare nella sua opera di demolizione delle istituzioni del paese, creando uno stato autoritario come la Turchia, la Russia o l’Ungheria. Tutti questi paesi si affidano a un leader unico circondato da mezze figure di chiacchieroni, trasgressori della legge e squilibrati deliranti. L’assenza di una vera opposizione nella Knesset contribuisce allo sfaldamento cumulativo e al declino d’Israele in termini di democrazia e di sviluppo. L’attuale governo sta portando al fallimento del rilascio degli ostaggi a Gaza, alla continuazione di una guerra senza obiettivo, alla distruzione dello Stato di diritto, a un deterioramento del bilancio degli investimenti economici, a un bilancio negativo dell’immigrazione, all’isolamento in ogni ambito della cooperazione internazionale e alla spaccatura delle comunità ebraiche in Israele e nella diaspora. Di fronte a tutto questo, non è ancora emersa una voce chiara e dominante che indichi inequivocabilmente una direzione diversa.
Benjamin Netanyahu potrebbe pensare, con un alto grado di probabilità, di vincere le elezioni del 2026. Il Likud emergerà quasi sicuramente come il partito più numeroso e il capo dello Stato non esiterà a dare al suo leader la prima opportunità di formare un nuovo esecutivo. Anche se Netanyahu non riuscisse a formarlo, nessun altro ci riuscirebbe e lui potrà rimanere a capo di un governo di transizione finché non saranno indette nuove elezioni. In teoria, Netanyahu potrebbe anche indire elezioni anticipate, e se anche non ottenesse la maggioranza, in assenza di un’alternativa, rimarrebbe primo ministro ad interim per un altro anno o due, anche oltre l’ottobre 2026.
E se Netanyahu perdesse? Attualmente, l’opposizione assomiglia a un gregge senza guida, senza piano e senza scopo. In caso di vittoria, saranno necessari lunghi e noiosi negoziati interni prima che si possa giungere al consolidamento a un livello funzionale. D’altro canto, l’opposizione deve cominciare fin da ora a formulare contenuti e procedure. Deve presentare al pubblico qual è il piano e chi saranno le persone che lo metteranno in atto. Deve riconsiderare quale configurazione di partiti sarà in grado di competere con la coalizione al potere.
Un metodo comune (soprattutto in Inghilterra) è quello di costituire un governo ombra, in cui coloro che dovrebbero sostituire l’attuale amministrazione siano chiaramente identificati. Ora, e non tra un anno e mezzo, è il momento di decidere tra i diversi percorsi proposti da un’opposizione composta da fazioni e sottofazioni di sinistra, di centro e della destra rispettosa della legge.
E chi guiderà il governo ombra? La questione può essere decisa tramite elezioni primarie aperte al pubblico oppure tramite una decisione concordata dei leader delle varie fazioni. Ma non è più possibile rimandare.
E se Bennett si candidasse? Se il signor Bennett vuole candidarsi, questo è il momento di annunciarlo e di entrare nella mischia. Bennett sta riscuotendo molte simpatie nei sondaggi, soprattutto perché non ha ancora detto una sola parola sui temi principali e su dove vuole guidare il paese. Una volta aperta bocca, perderà circa la metà del suo sostegno virtuale. Tuttavia, Bennett potrebbe apportare alcuni seggi aggiuntivi a un governo diverso da quello attuale.
Se partiamo dal presupposto che tra un anno e mezzo ci saranno le elezioni in Israele, allora è giunto il momento di iniziare la campagna elettorale. Un anno e mezzo è sufficiente per pensare a cosa fare. Se l’opposizione non si sveglia e non si organizza ora, in Israele continueremo per sempre con la stessa situazione, se mai il paese riuscirà a sopravvivere fino ad allora. Se l’opposizione non è in grado di formare un governo ombra, non saprà proprio come formare un governo vero, e rimarrà in eterno un’opposizione ombra.
Sergio Della Pergola