DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 3 aprile 2025
L’esercito israeliano sta creando una nuova fascia di sicurezza a Gaza, in prossimità di Khan Younis, dove fino al 2005 sorgeva l’insediamento di Morag. Il corridoio ne porta il nome e, secondo il Corriere della Sera, «disegna sulla mappa il futuro dei 363 chilometri quadrati come lo immagina Benjamin Netanyahu con gli alleati oltranzisti». Il portavoce dell’esercito in lingua araba, Avichay Adraee, aveva già invitato i residenti di alcune zone di Rafah e Khan Younis a lasciare le loro abitazioni: «Non ascoltate i tentativi di Hamas di impedirvi di evacuare in modo da poter rimanere come scudi umani – aveva spiegato -. Abbandonate immediatamente le aree designate», riporta il Giornale. Netanyahu, aggiunge il Corriere, è giunto nel frattempo in Ungheria «per discutere il dopoguerra, di fatto per cercare alleati tra l’estrema destra europea». Repubblica definisce l’Ungheria «il porto sicuro» del primo ministro israeliano e riporta l’indiscrezione secondo la quale il suo omologo Viktor Orban potrebbe annunciare in questi giorni «lo spostamento dell’ambasciata ungherese da Tel Aviv a Gerusalemme, seguendo così l’esempio di Stati Uniti e altri cinque paesi». Come riporta tra gli altri Libero, citando un’anticipazione diffusa da Radio Free Europe e Times of Israel, l’Ungheria sarebbe pronta a uscire dalla Corte Penale Internazionale. Al riguardo si osserva: «Da tempo Budapest lo medita, tanto che l’invito di Orban a Netanyahu, senza timore d’essere arrestato, risale a novembre 2024».
«La nostra priorità è distruggere il male assoluto, che è Hamas», dichiara Dror Eydar in una intervista con le testate del Quotidiano Nazionale. Per l’ex ambasciatore israeliano in Italia, in carica dal 2019 al 2022, è necessario che i civili di Gaza siano ricollocati altrove. «Al momento non posso dire dove», sottolinea, «ma ci sono tanti paesi, arabi e non arabi, pronti a prenderli».
«Trump spaventa l’Iran», titola il Foglio, riportando la notizia che gli Usa stanno spostando uomini e mezzi dal Pacifico e dall’Europa al Medio Oriente, a distanza di pochi giorni dall’ultimatum del presidente americano all’Iran «per siglare un’intesa sul nucleare». La richiesta formale della Casa Bianca di tornare al negoziato è del 5 marzo. In una intervista alla Nbc, domenica scorsa, Trump ha alzato i toni: «Se non si trova un accordo ci saranno le bombe, come mai ne hanno viste prima».
«Chi legge una buona parte dei testi scolastici, chi segue la televisione, chi presta attenzione alla grande editoria, vede che il dibattito sul conflitto in corso si svolge inaudita altera parte», sostiene il giurista Emanuele Calò in una lettera al Foglio, ispirata da una recente intervista della storica Anna Foa con l’Osservatore Romano. A detta di Calò, «tutti o pressoché i libri a favore di Israele sono pubblicati da editori più o meno sconosciuti o che comunque non arrivano in libreria».
Libero, nelle cronache milanesi, si sofferma sull’iniziativa “Indossiamo la kippah” presentata dall’associazione Europa Radicale nella sede della Comunità ebraica cittadina. Si tratta, viene spiegato, di un atto di solidarietà «nei confronti delle persone di religione ebraica che, per il solo fatto di essere riconosciute come tali, rischiano ogni giorno contestazioni e aggressioni, in un clima di violenza sempre più oppressiva e incombente».