PAPA – L’ex ambasciatore Schutz: Bene su antisemitismo ma troppi silenzi su Israele

Un pontificato segnato da aperture, tensioni e contraddizioni: così l’ex ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Rafi Schutz, descrive i dodici anni di papa Francesco alla guida della Chiesa cattolica. In un editoriale sul sito ynet, il diplomatico riconosce l’impatto globale del pontefice argentino, scomparso oggi a 88 anni, ma non risparmia critiche, in particolare sul suo atteggiamento verso Israele dopo il 7 ottobre 2023.
Nel suo bilancio, Schutz parte da una constatazione sul posizionamento di Francesco: «Nella lotta interna tra conservatori e progressisti, Bergoglio si è schierato chiaramente con i secondi». Lo dimostrano le sue battaglie su clima, giustizia sociale e disarmo, ma anche le scelte pastorali «più aperte e inclusive» che hanno suscitato forti reazioni interne. Francesco, osserva ancora Schutz, è stato il primo papa del continente americano e ha incarnato il volto di una Chiesa in trasformazione. «Oggi il cuore pulsante della Chiesa si trova sempre più in Africa, Asia e America Latina, non in Europa».
Poi il giudizio sulle posizioni di Bergoglio su Israele. Schutz si dice «convinto che il papa avesse un atteggiamento fondamentalmente positivo verso gli ebrei» e definisce «infondate» le accuse di antisemitismo, ma su quanto accaduto dopo il 7 ottobre, la delusione è forte. «Ci si poteva aspettare un atteggiamento più equo da parte di Francesco e della Santa Sede», scrive il diplomatico.
Il silenzio su episodi gravi, l’ambiguità sul diritto di Israele alla difesa, la mancata condanna di retoriche antisemite – anche in incontri avvenuti in Vaticano – rappresentano per Schutz «macchie gravi» sul pontificato. Unico elemento positivo: «La sua considerazione per il destino degli ostaggi», anche se, si legge nell’editoriale, «neppure su questo fronte il suo impegno è stato impeccabile».
Il rapporto tra Israele e la Chiesa cattolica, segnato da decenni di dialogo e riconciliazione «esce indebolito» dall’ultima fase del pontificato. «La politica del Vaticano dopo il 7 ottobre ha inferto un colpo pesante» a questo rapporto. E se da un lato spetta alla Santa Sede un’azione di riparazione, anche Israele, avverte l’ex ambasciatore, «deve fare la sua parte nel contrastare l’odio verso i cristiani», sempre più evidente «nelle strade di Gerusalemme».
Quanto al futuro, Schutz non esclude un ritorno a un profilo più tradizionale. Ma tra i possibili successori di Francesco cita due nomi con esperienze e visioni molto diverse: il cardinale Matteo Zuppi, «protagonista di mediazioni delicate in Ucraina», e il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, «che vive in Israele da decenni, parla correntemente l’ebraico e conosce profondamente la nostra realtà». Entrambi, osserva, «potrebbero però essere penalizzati dalla loro relativa giovane età».