EBRAISMO – Rav Roberto Della Rocca: Un Moked per confrontarsi non per dividersi

Lo stato di salute dell’ebraismo italiano non può essere valutato esclusivamente in termini numerici: è piuttosto la sua vivacità culturale e la capacità di aprire spazi di dialogo autentico a determinarne la reale vitalità.
In un tempo segnato da spinte centrifughe e da una crescente frammentazione, emerge con forza il bisogno di ripensare il senso di appartenenza e di Comunità.
In questo scenario, il Mokèd si conferma un’occasione preziosa: un laboratorio di confronto, di uscita dalla comfort zone e di incontro tra le diverse anime dell’ebraismo italiano. Un luogo dove la pluralità non diventa divisione, ma possibilità di costruire un’identità collettiva più matura e articolata. Oggi più che mai serve un pensiero comunitario nuovo, capace di superare la logica dei gruppi chiusi e autoreferenziali, che rischiano di trasformare il pluralismo in “gruppismo”, la diversità in isolamento.
Il pericolo è quello di moltiplicare ghetti culturali, creare aggregazioni più per affinità ideologiche che per veri progetti comuni. In un Paese con soli 25 mila ebrei, la coesione è una necessità, non un lusso. Le iniziative culturali non dovrebbero essere viste solo come intrattenimento, ma come strumenti per rafforzare l’identità e contrastare l’erosione del senso di Comunità. È questo il compito più urgente: costruire ponti, rigenerare il legame tra chi condivide una storia e una responsabilità comune.
Una Comunità è davvero ebraica quando si nutre della propria cultura in modo attivo e consapevole. L’ebraismo da vetrina, esibito ma non vissuto, finisce per risultare irrilevante di fronte alle seduzioni della cultura dominante. È necessario tornare a studiare, a interrogarsi, a vivere la tradizione non come monumento ma come fonte di vita. In questo quadro si inserisce il tema del prossimo Mokèd calabrese: Israele.
Israele è spesso vissuto da noi ebrei della Diaspora in modo poco profondo, emotivo, infantile. Ma Israele non è un parco giochi per gli ebrei, non è solo un luogo di vacanza o un parcheggio per chi sta male a casa sua. E non è neppure un luogo che deve destare solo angoscia, paura e preoccupazione a causa del conflitto. Dobbiamo allargare, nutrire gli orizzonti mentali con cui ci rapportiamo a Israele. Uscire dalla retorica della patria ancestrale per capire che Israele è un luogo di cui cogliere la fertilità profonda: scientifica, spirituale, letteraria, sociologica. Non trascurare ad esempio l’ebraico e generare nuovi stati d’animo, perché la lingua resta il vero ponte tra la sacralità e il quotidiano, tra passato e presente, tra il profano e lo spirituale. Una programmazione culturale capace di unire e non dividere, laddove l’obiettivo è quello di creare un network tra le comunità per attivare un dibattito interno che trascenda i soliti slogan.
Il sionismo – piaccia o meno – non ha paragoni nella storia. Non esiste un altro movimento nazionale che racchiuda, in modo così profondo, dimensioni identitarie, religiose, culturali, giuridiche e politiche. Comprenderlo davvero richiede un passo indietro rispetto agli slogan, agli stereotipi, alla polemica sterile. Richiede l’onestà intellettuale di voler conoscere per capire, non per approvare o disapprovare a priori.
Durante gli incontri di questo Mokèd si affronteranno, con autorevoli studiosi, temi storici, filosofici, religiosi e geopolitici, accompagnando i partecipanti in un viaggio attraverso oltre cento anni di storia.
Il percorso tocca anche la relazione tra Israele e l’ebraismo della Diaspora, interrogandosi sui significati attuali di appartenenza, identità, responsabilità collettiva. Cos’è Israele per chi non ci vive ma continua a sentirlo come parte integrante della propria storia e del proprio futuro? Che ruolo ha come Stato-nazione e quale può essere la sua voce, nel concerto delle nazioni, per chi vuole ancora credere nella profezia della libertà e della giustizia? Questa importante occasione di studio e di confronto interno alle Comunità coincide quest’anno con Yom Ha-Atzmaut. Una ricorrenza che non è solo una festa nazionale, ma la riaffermazione di un legame profondo, un’occasione per ricordare che, ovunque ci troviamo, siamo parte di un’unica storia. E che questa storia merita di essere vissuta insieme, con passione e consapevolezza.

Rav Roberto Della Rocca