DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 24 aprile 2025

La presidente Ucei Noemi Di Segni, in alcune interviste, racconta perché prenderà parte ai funerali di papa Francesco sabato mattina, nel rispetto delle regole ebraiche. «Francesco era, è stato, un papa eccezionale e dunque è giusto omaggiare adesso la sua persona, l’altezza del ruolo e l’importanza delle relazioni che lui aveva intessuto a livello mondiale con l’ebraismo», dichiara al Corriere della Sera. Di Segni aggiunge di fare fatica a comprendere il silenzio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu «ma Israele è lo Stato ebraico e a rappresentarlo c’è il presidente Herzog: lui, il messaggio di condoglianze, sono contenta che l’abbia invece mandato». In piazza San Pietro per Gerusalemme ci sarà l’ambasciatore presso la Santa Sede, Yaron Sideman. «Credo che sia la persona più giusta», spiega Di Segni alla Stampa. «È fondamentale che ci sia una presenza di Israele per le relazioni formali e diplomatiche importantissime che esistono con lo Stato ebraico da decenni e per tutto il percorso che si è fatto».

Sarà presente alle esequie anche Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma. Anche lui arriverà a piedi in San Pietro. «I momenti di tensione ci sono stati. Il rapporto personale è un’altra cosa», dichiara il rabbino in una intervista con Repubblica. «Tutti si riempiono la bocca con la parola “dialogo”. Ma dialogare cosa significa? Fare presente le proprie posizioni con l’altra parte. Se uno lo fa ed è “lesa maestà”, allora non è più dialogo». Papa Francesco, prosegue il rav, era in questo senso «una persona che amava il dialogo, anche personale: ci siamo detti cose molte differenti, ma abbiamo dialogato». Un dialogo sempre «molto franco, leale e rispettoso», chiosa Di Segni ricordando il clima costruttivo della sua visita in sinagoga del 2016.

«Ostile, disinteressato o distratto da altre questioni. Forse tutte e tre le cose insieme»: così La Stampa descrive l’agire di Netanyahu sulla morte del papa. Secondo il quotidiano «la decisione di mantenere la rappresentanza al livello più basso possibile» ai funerali, con l’incarico di rappresentare il governo assegnato all’ambasciatore, «è un segnale di quanto siano deteriorati i rapporti tra Israele e il Vaticano nell’era post 7 ottobre». Il rapporto fra ebrei e cristiani «prescinde da qualsiasi papa», sostiene Fiamma Nirenstein sul Giornale. «La fratellanza giudaico-cristiana si basa sul valore della libertà. La prima libertà è quella di difendere la vita: bastava guardare le immagini terribili del 7 ottobre per capire dove stava il bene e dove il male».

L’Osservatore Romano pubblica un ricordo del rabbino Abraham Skorka, molto vicino al papa argentino. «Siamo stati insieme a Gerusalemme e ci siamo abbracciati davanti al Muro Occidentale, il luogo più sacro della tradizione ebraica. È il luogo dove, secondo la tradizione cristiana, Gesù ha predicato e, secondo quella musulmana, Maometto è asceso al cielo», scrive Skorka. «Insieme al nostro amico Omar Abboud abbiamo presentato un’immagine di amicizia ebrea-cristiana-musulmana che, speravamo, in futuro avrebbe ispirato molti a seguire il cammino della pace».

Parlando con il Riformista, il presidente della Comunità ebraica milanese Walker Meghnagi lancia l’allarme sul tentativo di parte del mondo propal di rovinare il 25 aprile. «Ogni anno provano a politicizzare il 25 aprile. Noi restiamo fedeli alla Storia, con la S maiuscola, per celebrarla e difenderla», sottolinea al riguardo. Al contrario i propal «cercano di negarla, cancellarla, cosa che fanno tutti i regimi totalitari a cui loro si ispirano». Sempre in tema, per il Foglio «quello che conta, per dare un giudizio sul modo in cui si ricorda la Liberazione, è, ancora una volta, il trattamento che sarà riservato alla Brigata Ebraica che ha deciso, nonostante le minacce e le intimidazioni, di sfilare nel corteo milanese». Il Foglio segnala anche alcuni report sull’antisemitismo in cui si ravvisa «un crescente senso di insicurezza nelle comunità ebraiche di tutto il mondo, da Melbourne a Milano».

«Credo sia ancora più necessario che le celebrazioni del 25 aprile vedano ricomposta la frattura fra istituzioni ebraiche e Resistenza che in molte città italiane si è realizzata negli scorsi anni in seguito a pretestuose polemiche sulla Brigata Ebraica», scrive la storica Anna Foa sulla Stampa. Per la studiosa, la Brigata «ha tutto il diritto» di sfilare accanto alle rappresentanze degli altri eserciti alleati «ma occorre anche che da parte ebraica si riconosca il ruolo dei partigiani ebrei italiani, che come italiani hanno combattuto accanto ai resistenti non ebrei». Albertina Soliani, vicepresidente dell’Anpi, dice al Foglio: «La Brigata Ebraica era un modo di pensare proiettato al futuro. Ed è a pieno titolo parte della storia della Resistenza».
Nell’occasione del 25 aprile il Cdec pubblicherà online le conclusioni della ricerca sui resistenti ebrei d’Italia curata dalla storica Liliana Picciotto. Circa ottocento le biografie ricostruite. La motivazione dei partigiani ebrei, si legge sul Corriere, «spesso era una reazione alla deportazione».

Dal Medio Oriente una delle notizie di ieri è l’appello per la liberazione degli ostaggi rivolto da Abu Mazen ai terroristi di Hamas, da lui definiti con l’inedita qualifica di “figli di cani”. In questi anni, riporta il Corriere, «l’erede di Yasser Arafat ha fatto poco per ottenere quella riconciliazione nazionale di cui ha parlato tanto e ancora meno per riprendere il potere nella Striscia, da cui gli israeliani si erano ritirati nel 2005». A 89 anni «e con il cuore indebolito del fumatore accanito, sente forse di non dover trattenersi più». La Giordania ha messo intanto al bando i Fratelli musulmani, il principale gruppo di opposizione del paese, annunciando la confisca dei loro beni. Il divieto, riferisce il Corriere, «arriva otto giorni dopo che il governo giordano ha dichiarato di aver sventato attacchi armati e attentati e ha arrestato 16 persone».