DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 25 aprile 2025
L’Italia festeggia oggi l’ottantesimo anniversario dalla Liberazione dal nazifascismo e le città del paese si preparano a manifestazioni e cortei. I vessilli della Brigata ebraica sfileranno, ma in un clima di tensione e sotto scorta, in particolare a Milano e Roma, sottolinea il Corriere della Sera. Preoccupa, prosegue il quotidiano, la minaccia di gruppi pro palestinesi di voler “conquistare” la testa del corteo nazionale a Milano, presentandosi in largo anticipo alla partenza in via Palestro. «Una richiesta impossibile», replica Primo Minelli, presidente dell’Anpi milanese, sottolineando al Corriere Milano che «la composizione del corteo, così com’è definita, ha un’equilibrata rappresentanza». Dopo i gonfaloni delle istituzioni, sfileranno i partigiani, i sindacati, il Pd, la Brigata ebraica con la comunità ucraina. Il timore della Comunità ebraica milanese, espresso in questi giorni, è che la manifestazione diventi ostaggio dei violenti.
I pro palestinesi «non hanno alcun legame con la Resistenza e il solo voler sfilare davanti a tutti rivela il loro vero volto», commenta al Foglio e al Giornale, Davide Romano, direttore del museo della Brigata ebraica.
A proposito di 25 aprile e mondo ebraico, Avvenire presenta la ricerca della storica del Cdec, Liliana Picciotto, da cui emerge come l’apporto degli ebrei italiani alla Resistenza fu «costitutivo» e non marginale, come spesso ritenuto. Le loro storie, raccolte in un progetto durato quattro anni, sono ora disponibili online sul sito resistentiebrei.cdec.it.
Nel suo ricordo del 25 aprile su La Stampa, la senatrice Liliana Segre celebra i cento anni dalla nascita di Ondina Peteani, “prima staffetta partigiana”, attiva fin da giovanissima nella Resistenza in Friuli. Deportata ad Auschwitz nel 1944, si salvò lavorando in una fabbrica d’armi e riuscì a fuggire durante la marcia della morte nell’aprile 1945. Dopo la guerra, Ondina continuò a battersi per i diritti, la memoria e la giustizia. «Salutiamo la grande vita di una grande donna», conclude Segre.
Tre giorni dopo la morte del papa, riporta Repubblica, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha diffuso un messaggio di cordoglio per cercare di chiudere l’incidente diplomatico esploso dopo il silenzio del suo governo. In un’intervista a La Stampa e Corriere della Sera, l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Yaron Sideman respinge le accuse di silenzio da parte di Israele: «Israele è solidale con il mondo cattolico» e parteciperà ai funerali, nonostante lo Shabbat. Sideman ricorda il cordoglio espresso dal presidente Isaac Herzog e nega tensioni per le telefonate del papa ai cattolici di Gaza. Pur ammettendo divergenze con Francesco, sottolinea: «Abbiamo sempre espresso le nostre posizioni con rispetto». Il diplomatico auspica un rilancio del dialogo ebraico-cristiano e invita a rafforzare i legami basati su valori condivisi.
La Stampa sostiene che la posizione critica assunta dal governo israeliano è stata letta in Vaticano come un tentativo di colpire il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme e tra i possibili successori di Bergoglio. Il ritardo di Netanyahu sarebbe, nell’interpretazione del quotidiano, una ritorsione nei confronti di Pizzaballa per il suo sostegno al popolo palestinese.
Alberto Melloni sul Corriere della Sera esprime la sua gratitudine al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, per la sua partecipazione ai funerali del papa nonostante sia Shabbat. Un gesto, scrive Melloni, di «indimenticabile carità» verso i cattolici.
Edith Bruck, scrittrice e sopravvissuta ad Auschwitz, ricorda con affetto papa Francesco come «il migliore dei papi» e ne sottolinea l’umanità e la vicinanza al popolo ebraico. In un’intervista al Messaggero, prende le distanze dall’uso del termine “genocidio” per la guerra a Gaza: «È un disastro umano, ma non è genocidio. Il genocidio si decide a tavolino». Bruck auspica che il prossimo pontefice continui la linea di apertura tracciata da Francesco.
Le trattative per il cessate il fuoco a Gaza continuano tra forti tensioni. Secondo Il Sole 24 Ore, Hamas avrebbe accettato di deporre le armi ma non di consegnarle, ostacolo che mette in dubbio l’obiettivo israeliano del disarmo totale del gruppo. Il capo del Mossad è in Qatar per nuove negoziazioni, mentre fonti arabe indicano che tra le condizioni poste da Hamas vi sarebbe anche la restituzione del corpo del leader Yahya Al Sinwar.
Intanto l’Italia rafforza il suo impegno diplomatico, sottolinea la Stampa. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in missione al Cairo, ha confermato il pieno sostegno di Roma alla mediazione egiziana e si è detto pronto ad agevolare un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. L’Italia appoggia anche il piano arabo-islamico per la ricostruzione della Striscia e rilancia la prospettiva di «due popoli, due Stati». Tajani ha infine ribadito che la stabilità regionale è decisiva anche per la sicurezza europea e lo sviluppo delle relazioni economiche e migratorie nel Mediterraneo.
L’esperienza degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas presenta analogie mediche e psicologiche con quella dei sopravvissuti alla Shoah, scrive il Foglio. Uno studio pubblicato dal giornale israeliano Maariv documenta sintomi identici a quelli dei deportati nei lager: malnutrizione estrema, danni neurologici, traumi psichici, arresto dello sviluppo nei bambini.