DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 8 maggio 2025
Mentre Donald Trump annuncia imminenti novità per Gaza, l’attenzione del mondo si sposta in queste ore anche più a oriente. «Il conflitto India-Pakistan può diventare un terzo focolaio di tensione mondiale, aggiungendosi a Ucraina e Medio Oriente», sostiene Federico Rampini sul Corriere della Sera. «Gli ingredienti purtroppo ci sono», aggiunge il giornalista, ritenendola un’ulteriore declinazione del famoso “scontro di civiltà”, in questo caso tra induismo e islam, «perché così lo vivono e lo descrivono molti protagonisti locali». Lo spazio strategico dell’Indo-Pacifico al centro della controversia «è vitale anche per sicurezza e prosperità dei nostri paesi», spiega Maurizio Molinari su Repubblica. Ad avvalorare questo scenario «c’è quanto sta avvenendo attorno al duello militare India-Pakistan», con da una parte la Turchia che si è affrettata a sostenere Islamabad «inviando anche una nave militare» e dall’altra Israele intervenuto «in favore “dell’autodifesa dell’India” dalla “minaccia del terrorismo islamico”».
L’ipotesi della Casa Bianca per Gaza, ha reso noto l’agenzia Reuters, è quella di una «amministrazione temporanea» affidata agli Usa. Una volta smilitarizzata e stabilizzata la situazione all’interno della Striscia, il potere passerebbe nelle mani di un governo palestinese. «Il modello, che non aveva funzionato, sarebbe quello della Coalition Provisional Authority stabilita in Iraq», segnala tra gli altri il Corriere. Nel mentre, ricorda Libero, Israele resta nel mirino degli Houthi perché l’intesa alla quale i terroristi yemeniti sono giunti con gli Usa «non fa alcun riferimento diretto al lancio di missili e droni contro Israele e, dicono fonti israeliane, preoccupa e irrita Gerusalemme». Breve e stretta. Così La Stampa definisce «la finestra di opportunità offerta dall’annuncio della visita in Medio Oriente di Donald Trump, dal 13 al 16 maggio».
Sullo sfondo resta anche la minaccia del nucleare iraniano, insieme alla possibilità di attacchi terroristici in Europa “benedetti” degli ayatollah. Come quello sventato negli scorsi giorni in Gran Bretagna. Secondo il Foglio, «la Repubblica islamica ha messo alla prova ogni limite della tolleranza occidentale e l’ha trovata elastica». E così «i suoi agenti affilano i coltelli nelle capitali europee mentre i suoi diplomatici sorseggiano caffè conversando educatamente con i nostri diplomatici».
«Criticare i governi, anche ferocemente, è democrazia, è la libertà di dire no», dichiara alla Stampa la scrittrice francese Gaëlle Nohant, fresca vincitrice del premio letterario dell’Adei Wizo consegnatole ieri pomeriggio nella sinagoga di Milano. «Accusare tutti gli ebrei del mondo e ritenerli responsabili delle scelte politiche di Netanyahu, invece, è antisemitismo».
«Faccia attenzione chi ancora ritenga di non perdersi nell’abisso», ammonisce il Riformista sul risorgente antisemitismo e sulle nuove modalità della «caccia all’ebreo». Secondo il quotidiano, «se domani qualcuno proponesse tali e quali le leggi razziali del 1938, con la sola cura di mettere al posto della parola “ebreo” la parola “sionista”, troverebbe ampie platee di ascolto».
Il direttore del museo della Brigata ebraica Davide Romano commenta in una lettera al Foglio alcuni titoli del Fatto Quotidiano su Israele e la guerra a Gaza: «Legittimo il diritto a prendere lucciole per lanterne, per carità. Ma se – come sostengono loro stessi – l’antisemitismo è causato da Bibi, chi ne mostrifica le parole quanto contribuisce all’odio antiebraico?».
Al via a Gerusalemme il People’s peace summit, al quale interverranno decine di organizzazioni israeliane e palestinesi. «L’esperienza di paesi usciti da conflitti apparentemente senza soluzione può essere cruciale», sottolinea Avvenire. «Non a caso, al People’s peace summit ci saranno Monica McWilliams e Avila Kilmurray, promotrici della Northern Ireland women coalition, chiave per l’Accordo del Venerdì Santo che ha messo fine allo scontro in Irlanda del Nord».