OSTAGGI – Itay Chen e la passione per il basket

Itay Chen aveva 19 anni, una doppia cittadinanza israeliana e statunitense, e una passione viscerale per il basket. Cresciuto a Netanya, vicino alla spiaggia, era il secondo di tre fratelli, «il collante della nostra famiglia», hanno spiegato i genitori Hagit e Ruby. Giocava nel campionato giovanile israeliano di pallacanestro, faceva volontariato con i ragazzi della sua città e amava le escursioni, la musica, l’arrampicata. «Un ragazzo affettuoso, sempre circondato da amici, che amava la vita», ha raccontato il padre alla CNN. «Io tifo per i Knicks, lui tifava Celtics. Non so come sia successo, ma non mi importava. Eravamo una famiglia unita e appassionata di sport».
Il 7 ottobre 2023, Itay era in servizio con l’esercito israeliano al confine con Gaza, di stanza nella base di Nahal Oz. All’alba, quando Hamas ha lanciato l’attacco, lui e la sua squadra di carristi hanno combattuto per ore, tentando di difendere l’area dagli assalti dei terroristi. Secondo quanto riferito dai familiari e confermato dall’esercito, il carro armato di Itay è stato distrutto, e tre dei quattro membri dell’equipaggio, tra cui lui, sono stati presi in ostaggio e portati a Gaza.
La mattina seguente, alle sei, qualcuno ha bussato alla porta di casa. «Sapevamo che era l’esercito», hanno ricordato Hagit e Ruby. «Quando sono alla tua porta e tuo figlio è scomparso, non vuoi aprire. Non vuoi ricevere quel messaggio. Perché sai che sarà la notizia più terribile della tua vita. Alla fine abbiamo aperto la porta. Ci hanno detto che Itay era ostaggio a Gaza. Volevamo ringraziarli per averci dato quella notizia e non un’altra».
Nel marzo 2024 l’intelligence israeliana ha dovuto aggiornare le informazioni riportate alla famiglia: Itay era tra gli ostaggi, ma senza vita. Era stato ucciso il giorno dell’attacco e la sua salma portata via dai terroristi. «È difficile elaborare questa informazione. Finché non sapremo cosa è successo davvero, viviamo in un limbo. Non possiamo neanche iniziare a elaborare il lutto», ha spiegato la madre Hagit in alcune interviste.
Nelle settimane precedenti i Chen avevano incontrato l’allora presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. «Quando ha saputo del destino di Itay, ci ha chiamato ed è stato importante per noi», ha raccontato il padre. «Ci ha parlato con grande umanità e ha capito il nostro dolore».
La famiglia è impegnata nella campagna per chiedere la liberazione di tutti i 59 ostaggi ancora in mano a Hamas. «Serve un accordo ora, questa deve essere la priorità del governo», ha scritto Ruby in un accorato appello pubblicato da Haaretz in occasione del Giorno dell’Indipendenza d’Israele. «Per noi questa ricorrenza non è una festa. Siamo intrappolati in un eterno Yom HaZikaron (il giorno in cui Israele ricorda i caduti in guerra e le vittime del terrorismo)». Secondo il padre di Itay, per uscirne è necessario «un accordo che riporti a casa tutti i rapiti».
d.r.