SHIRIM – Iosif Brodskij

Hai scordato il villaggio, sperso nelle paludi
della provincia tutta boschi, senza spauracchi negli orti,
sui cui tesori nessuno s’illude.
e la strada è selciata di fascine e di botri.
Nonna Nastja sarà morta, e neanche Pésterev
sarà fra i vivi, e, se vive, è ubriaco giù in cantina
o costruisce qualcosa con la spalliera del nostro letto: dev’essere
se non proprio un portone, una porticina.
D’inverno là si taglia legna, e di rapa si vive,
e per il fumo ammicca una stella nel cielo gelato.
Non la sposa promessa in cotonina è alla finestra, ma polvere
in festa, e un posto vuoto, dove abbiamo amato.

Per Shirim di oggi un testo di Iosif Brodskij (1940-1996) nella traduzione in italiano a cura di Giovanni Buttafava.
Cosa accade ai luoghi dai cui partiamo, alla casa, all’orto che, nelle tiepide lontananze del vivere, lasciamo indietro?
Le cose che vivevano infuse della vita nostra decadono, cessano d’esistere al palpito del nostro respiro. Così il poggio dei garofani cui sedevamo a rimirare il cielo, la seggiola ove svelammo il segreto dolce della zagara. Il guanciale ove sperammo, ove sentimmo incombere i mattini di favolose estati.
Ogni cosa che visse rimuore, svuotata dell’esser nostro. Di lì in avanti vivrà vite misteriose.
Ma nel sogno parrà di vederle ancora, rianimarsi di speranza nuova. E con esse chi c’era e c’è ancora.
Passi risuonano pel sentiero antico, per l’aia si odono voci.
Quale mano bacerà l’oscura rosa?
“…ci saranno altri giorni, altre voci e risveglii”.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno