DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 14 maggio 2025
È ancora incerto il destino di Mohammed Sinwar, leader di Hamas a Gaza, dopo il raid israeliano delle scorse ore a Khan Younis di cui era il bersaglio. “La caccia all’irriducibile è arrivata alla fine?”, si chiede tra gli altri il Corriere della Sera, ricordandone la storia. Sinwar, viene spiegato, «è entrato nelle Brigate Ezzedine al Kassam, guidate da Mohammed Deif, dal quale ha imparato a starsene nell’ombra, a non dare riferimenti precisi, a dedicarsi all’azione militare«». Così, nel 2006, «ha fatto parte della missione che portò alla cattura del soldato Shalit, tenuto prigioniero per cinque anni, e poi scambiato con un migliaio di detenuti palestinesi», incluso il fratello Yahya, già leader di Hamas a Gaza e mente del 7 ottobre. Insieme alle attività dei mujaheddin, ha poi curato «il miglioramento dell’arsenale di Hamas, la messa a punto di armi semplici ma efficaci, la realizzazione delle gallerie diventate la vera trincea invisibile dei guerriglieri».
«L’Idf controlla il 45 per cento di Gaza, se si considera meramente il territorio. Ma le forze armate per ora non sono nelle aree troppo popolate dove la presenza delle brigate Qassam è più forte», dichiara a Repubblica l’analista israeliano Michael Milshtein, capo del Forum per gli studi palestinesi del Centro Moshe Dayan. Secondo Milshtein, «la decisione di occupare militarmente Gaza, dichiarata in modo esplicito dal ministro Smotrich, avrà un prezzo politico, sociale ed economico altissimo anche per il popolo israeliano», ma «questo il governo non lo dice». L’analista ipotizza, a livello di guerriglia, uno scenario simile all’Iraq del 2003. Per il politologo Ian Bremmer, interpellato dalla Stampa, «gli Usa non possono arrivare a nessuna soluzione su Gaza senza l’intesa con Israele» e «Netanyahu rimarrà arroccato sulle sue posizioni almeno sino a quando Trump non deciderà di punirlo mettendolo alle strette come ha fatto con l’Ucraina». Per Fiamma Nirenstein, che ne scrive sul Giornale, «è una forzatura politica disegnare una rottura fra Trump e Netanyahu». Ma visto da Israele è comunque un momento difficile «rispetto a quando Trump prometteva che in Medioriente si sarebbe “aperto l’inferno” se Hamas non avesse restituito gli ostaggi». Sharon Nizza, sul Foglio, si domanda: «C’è coordinamento tra Washington e Gerusalemme? Oppure Trump ha perso la pazienza anche con Netanyahu e guarda ad altri orizzonti mediorientali?».
Con il Messaggero, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni parla del nuovo papa e delle sue aspettative nel dialogo: «Mi attendo che ci sia la costruzione di un buon rapporto. Con Francesco negli ultimi tempi c’era stato un indebolimento. Spero quindi che si possano ricucire le incomprensioni che si sono andate a creare negli ultimi due anni». «Tornano i “fratelli maggiori”», titola il Foglio, segnalando la soddisfazione delle istituzioni ebraiche destinatarie di un messaggio nel quale Leone XIV annuncia la volontà di rafforzare il dialogo nel solco della dichiarazione Nostra Aetate. Il Corriere della Sera definisce il gesto del papa «essenziale». Il Sole 24 Ore, riprendendo alcune considerazioni apparse sul portale dell’ebraismo italiano www.moked.it negli scorsi giorni, scrive che il mondo ebraico «ha salutato l’elezione sin dalla sera dell’8 maggio».
«Per me ci sono stati due Conclavi, quello dei media e quello reale. In quello reale sapevo bene come stavano le cose, ero tranquillo che non sarei stato io il prescelto», racconta a Repubblica il cardinale Pierbattista Pizzaballa. Il rappresentante della Chiesa a Gerusalemme sostiene che «il viaggio in Medio Oriente, la Terra Santa in particolare» è tra le priorità di Leone XIV. Ma è comunque «troppo presto» per definire la sua agenda.
“I giornali ebraici in Europa diventano clandestini nel timore di attacchi antisemiti”, sottolinea il Foglio, segnalando come dopo il 7 ottobre e l’attacco ai tifosi israeliani ad Amsterdam, il settimanale olandese Nieuw Israélietisch Weekblad stia arrivando ai propri abbonati «tra fogli bianchi, per motivi di sicurezza». Alcuni abbonati, si legge, «si preoccupavano non solo dei loro vicini ma anche dei postini, molti dei quali sono musulmani». Sul caso della scritta «Questo prodotto uccide», comparsa in una libreria Feltrinelli di Milano sulla copertina del Viaggio in Israele di Isaac Bashevis Singer e sul saggio La guerra antisemita contro l’Occidente di Fiamma Nirenstein e Nicoletta Tiliacos, il Corriere riporta la presa di posizione dell’ex parlamentare Emanuele Fiano: «Ci troviamo davanti a un fatto di una gravità inaudita. Che testimonia l’odio in giro verso tutto ciò che sa di ebraico»
«La strage di Ustica verrà archiviata? Uno schiaffo alle vittime e alla verità», accusa il Riformista, che ospita in tema un intervento di Carlo Giovanardi. Per l’ex senatore, è necessario «esplorare la pista libica-palestinese» e un’archiviazione «sarebbe un’offesa per le vittime e per i loro familiari».