ROMA – Rabbini e studiosi ricordano rav Laras

A sette anni e mezzo dalla morte, l’eredità morale di Giuseppe Laras (1935-2017) vive nei suoi scritti, nelle sue riflessioni, nei suoi moniti. Tutti concordi su questo punto i relatori che hanno illuminato da diverse prospettive la vita di uno dei più importanti rabbini italiani, prendendo parte alla presentazione del numero speciale della Rassegna Mensile di Israel in suo onore nei locali della Biblioteca Nazionale dell’Ebraismo Italiano a Roma.
Il Maestro, lo studioso, l’uomo del Dialogo. La pubblicazione, curata dai rabbini Gianfranco Di Segni, Angelo M. Piattelli e Amedeo Spagnoletto, affronta varie sfaccettature del suo magistero e include il testamento spirituale redatto dallo stesso rav a malattia in grave fase di avanzamento.
«Mi sono riletta una sua riflessione del 2016 sul terrorismo islamico e la coscienza nazionale distratta. Sembra di leggere la cronaca di oggi», ha dichiarato la presidente Ucei Noemi Di Segni, segnalando l’attualità dei pensieri e dei suggerimenti del rav qualunque argomento trattasse. Dal modo in cui gestire i rapporti con la Chiesa e l’Islam «all’uso e abuso del tema della Shoah», passando per la proiezione futura delle Comunità «con una demografia molto ridotta». A ricordarne «la varietà degli interessi» era stato in precedenza Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, soffermatosi in particolare su alcuni nodi del Dialogo interreligioso e su un incontro nel quale nel 2009 fu a fianco di Laras, allora presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, per dirimere una controversia con la gerarchia ecclesiastica dopo il ripristino da parte di papa Benedetto XVI della preghiera del Venerdì Santo sulla “conversione” degli ebrei. Uno spunto per riflettere sullo stato dell’arte del Dialogo allora e al tempo presente, soprattutto dopo «il peggioramento» delle relazioni post 7 ottobre. «Oggi», ha dichiarato Di Segni, che domenica sarà all’insediamento di Leone XIV, «assistiamo a una interessante fase di transizione; davanti a noi c’è una incognita, con molta attenzione e cautela vedremo quel che succede».

La “sua” Milano del dialogo


Per quanto riguarda il dialogo, non soltanto interreligioso, Gavriel Levi (Università La Sapienza di Roma) ha spiegato che per Laras «la cosa più importante era “l’amore per Israele”, che includeva l’amore per l’essere umano». Da Laras, ha poi aggiunto Levi, «credo di aver imparato che è ebreo chi non respinge un altro ebreo». Come ha poi testimoniato Massimo Giuliani (Università di Trento), «soprattutto negli ultimi decenni Laras è stato molto generoso con le collaborazioni con riviste cattoliche e ha tenuto anche una rubrica settimanale su Avvenire: quello era il clima di Milano negli anni Novanta». Ha tra gli altri tessuto le lodi del numero speciale della Rassegna, l’ultimo sotto la direzione di Gianfranco Di Segni, di cui si è da poco concluso il mandato, l’attuale co-direttrice Myriam Silvera. «È un numero molto bello», ha affermato, «perché risponde a due criteri: è animato da sinceri sentimenti di affetto e parla linguaggi diversi, seguendo i diversi interessi di Laras». Tanti gli stimoli dai quali prendere spunto anche per Giorgio Segré, consigliere della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia, che ha ricordato la preoccupazione del rav «per il ritualismo del Giorno della Memoria, tema di cui tratta nel volume la figlia Yardena» e il suo pensiero sulla pace «come concetto concreto, pratico e dinamico».

Adam Smulevich