CAMBRIDGE – A un ebreo la cattedra di studi ebraici per la prima volta in 500 anni

Per la prima volta dalla sua fondazione nel 1530 per volere di Enrico VIII, la cattedra di studi ebraici all’Università di Cambridge sarà affidata a uno studioso ebreo. La nomina di Menahem Blondheim, professore israeliano di fama internazionale e già direttore del centro per gli studi interdisciplinari sull’informazione e la comunicazione all’Università Ebraica di Gerusalemme segna un vero e proprio momento di svolta: Blondheim non studia l’ebraismo quale oggetto esterno e remoto, ma come realtà viva, stratificata, mai riducibile a un’unica definizione. La sua figura – intellettualmente solida, profondamente radicata nella modernità e al contempo consapevole della complessità delle fonti tradizionali –rappresenta una sintesi rara nel panorama accademico contemporaneo. Il fatto che siano occorsi quasi cinque secoli perché un ebreo potesse occupare una cattedra nata per lo studio della sua stessa cultura dice molto su come il mondo accademico europeo abbia spesso agito secondo una logica di esotizzazione e distacco interpretando l’ebraismo come oggetto da analizzare, interpretare, persino decifrare, ma raramente da vivere o raccontare in prima persona. Cambridge colma ora una distanza inviando un messaggio: lo studio delle culture non può prescindere dall’ascolto delle loro voci interne, e l’“altro” non è solo un campo semantico da indagare, ma un interlocutore da cui imparare. In un tempo in cui le università sono spesso chiamate a confrontarsi con le proprie responsabilità storiche – dall’eredità coloniale alle esclusioni sistemiche – la scelta di Blondheim è tanto simbolica quanto concreta. E forse, anche, un invito a ripensare il modo in cui si costruisce il sapere: non dall’alto ma nell’incontro, non nella distanza ma nel dialogo.