DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 22 maggio 2025
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è tornato a parlare in conferenza stampa dopo oltre cinque mesi, confermando la linea dura del governo. «L’intera Gaza sarà sotto il controllo delle Idf», ha affermato ieri sera, promettendo una «vittoria finale» su Hamas e ribadendo il sostegno al “piano Trump” per la Striscia con il reinsediamento di una parte della popolazione palestinese. Repubblica e Corriere della Sera riportano come il premier israeliano abbia ribadito che l’apertura limitata agli aiuti umanitari a Gaza serva a non perdere il sostegno dei «buoni amici» di Israele. Ha definito «possibile» solo un cessate il fuoco temporaneo, finalizzato alla liberazione degli ostaggi.
Sull’agenda iraniana poi, riporta il Corriere, l’isolamento di Israele si acuisce con gli Stati Uniti «irritati» per l’intransigenza di Netanyahu. In politica interna, il primo ministro ha sfidato apertamente la Corte suprema annunciando che procederà con la nomina del nuovo capo dello Shin Bet.
Il durissimo scontro diplomatico tra Israele e la diplomazia internazionale è al centro delle analisi di tutti i quotidiani. A causare la rabbia delle cancellerie sono stati gli spari dell’esercito israeliano contro una delegazione internazionale in visita al campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Israele sostiene che la delegazione abbia deviato dal percorso autorizzato; i diplomatici smentiscono. “Nessuna persona della delegazione è mai stata all’interno del campo. Tutte le delegazioni erano e sono rimaste al di fuori, in prossimità del campo ma mai dentro”, afferma a Corriere e Repubblica Alessandro Tutino, 35 anni, viceconsole italiano a Gerusalemme.
La Farnesina ha convocato l’ambasciatore israeliano in Italia, Jonathan Peled, definendo “inaccettabile” quanto accaduto a Jenin. Il Giornale titola “Crisi Israele-Italia” mentre Il Sole 24 Ore sottolinea che la reazione di Roma è stata immediata e concordata tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il governo italiano ha chiesto chiarimenti e preteso l’apertura immediata dei valichi per far entrare aiuti a Gaza, oltre alla fine delle operazioni militari. Proteste ufficiali anche da Francia, Spagna e Ue, che ha richiamato Israele ai suoi obblighi di protezione dei rappresentanti esteri. L’Autorità palestinese parla di “violazione grave del diritto internazionale”.
Intervistato dal Messaggero, Tajani precisa la posizione italiana sul conflitto: «stop ai raid su Gaza», «rilancio degli aiuti umanitari» e riconoscimento futuro dello Stato palestinese solo nell’ambito di un negoziato bilaterale e «senza la presenza di Hamas». Il vicepremier esclude qualsiasi «ipotesi di deportazione» dei palestinesi, definendola «inaccettabile» anche per i paesi arabi. Ha confermato la prossima ripresa del programma “Food for Gaza”, in coordinamento con il PAM, ma non tramite l’Unrwa. Nessuna adesione, conclude Tajani, alla proposta europea di rivedere l’accordo di associazione con Israele.
A Montecitorio il dibattito sul conflitto a Gaza si è acceso: Pd, M5S e Avs hanno accusato il governo di essere «complice dei crimini di guerra» di Netanyahu (Corriere, Repubblica). In Aula, le opposizioni hanno letto i nomi dei bambini uccisi, seguiti da bandiere palestinesi, kefiah e cartelli con scritto «stop al genocidio». Il governo, rappresentato dal solo sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli (La Stampa), ha difeso una linea «equilibrata». La Camera ha bocciato le mozioni dell’opposizione e ha approvato quella del centrodestra, che invoca il negoziato. Sul Foglio, Carmelo Caruso definisce il confronto parlamentare una «messinscena iperbolica», in cui Gaza diventa pretesto per regolare conti interni alle opposizioni più che oggetto di una riflessione politica seria.
Diversi approfondimenti dei quotidiani, dal Sole 24 Ore al Corriere della Sera, riportano la persistente scarsità di aiuti umanitari effettivamente distribuiti nella Striscia di Gaza. Nonostante l’annuncio da parte di Israele sull’autorizzazione all’ingresso di un numero limitato di camion, la maggior parte delle forniture risulta ancora bloccata nella zona di carico di Kerem Shalom. Le Nazioni Unite segnalano difficoltà operative e accessi considerati insicuri. Organizzazioni umanitarie e istituzioni internazionali, tra cui l’Unione Europea, hanno sollevato critiche rispetto all’efficacia del meccanismo attuale e alla sua gestione. La Santa Sede ha rinnovato un appello per facilitare l’assistenza e favorire un cessate il fuoco.
Lo scrittore israeliano David Grossman, intervistato da Repubblica, invita a guardare alla sofferenza dei bambini di Gaza come priorità assoluta, al di là delle responsabilità dell’attacco del 7 ottobre. Chiede di fermare la guerra e rilanciare il dialogo come atto di speranza.
Per Yossi Beilin, artefice degli accordi di Oslo, in Israele è necessario un cambio di maggioranza con l’uscita dell’estrema destra dalla coalizione per avviare negoziati con l’Autorità palestinese. La guerra, sostiene Beilin in un’intervista a La Stampa, non può sconfiggere Hamas; serve una soluzione politica sostenuta da arabi e comunità internazionale.
Sul Riformista, Iuri Maria Prado osserva come Israele sia l’unico Stato al mondo a cui ci si rivolge diplomaticamente attaccando per nome il primo ministro o singoli membri del governo. Una prassi che, secondo l’autore, mina la legittimità stessa dello Stato, trasformando le critiche da politiche a personali. Sulle stesse pagine, Fiamma Nirenstein accusa l’Ue di giudizi sbilanciati e chiede che la pressione sia rivolta a Hamas, non a Israele: «Restituite gli ostaggi, deponete le armi».
Il Foglio racconta la figura di Eli Cohen, celebre spia del Mossad giustiziata a Damasco nel 1965, e il peso simbolico della sua memoria nei rapporti tra Israele e la Siria post-Assad. Il nuovo leader siriano, Ahmed al Sharaa, ha restituito oltre 2.500 oggetti appartenuti a Cohen come gesto di apertura verso Israele e gli Stati Uniti, nel tentativo di avvicinarsi agli Accordi di Abramo, scrive il Foglio. Ma per Israele, il passato jihadista di al Sharaa resta un ostacolo, e il corpo di Cohen – mai ritrovato – rimane al centro di una memoria nazionale non pacificata.
Avvenire presenta Viaggio in Israele (Giuntina), una raccolta di articoli scritti nel 1955 da Isaac Bashevis Singer durante la sua visita nel neonato Stato di Israele. Singer, spiega Avvenire, spaesato ma curioso, descrive un Paese in costruzione, segnato dalla memoria della Shoah, dalle tensioni culturali e dalla presenza araba, che nel 1955 definisce «l’unico problema» d’Israele.
Nella rubrica Pietre su Repubblica, Paolo Berizzi critica un post del consigliere comunale di Cesena, Marco Fantini (Fratelli d’Italia) che omaggia Pino Romualdi e Giorgio Almirante. Berizzi ricorda il ruolo dei due nella propaganda e persecuzione razziale durante il fascismo.