DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 23 maggio 2025
“Orrore antisemita negli Usa” titola il Corriere della Sera in prima pagine per descrivere l’attentato al Museo ebraico di Washington in cui sono stati uccisi due diplomatici dell’ambasciata d’Israele, Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim. I due erano una giovane coppia e domenica sarebbe volati a Gerusalemme, dove lui le avrebbe chiesto di sposarlo. Diversi quotidiani dedicano l’apertura all’attacco compiuto da Elias Rodriguez, trentenne originario di Chicago, che ha aperto il fuoco all’uscita del Museo ebraico, gridando “l’ho fatto per Gaza” e “Palestina libera”. Repubblica ricostruisce la dinamica dell’attentato e sottolinea come le motivazioni politiche dell’assalitore si siano intrecciate con un antisemitismo esplicito e violento, definendo l’episodio «una miscela esplosiva» tra militanza ideologica e odio etnico. Entrambi i quotidiani riportano il manifesto trovato online, in cui Rodriguez incita a “portare la guerra in casa”, denunciando un presunto “genocidio” israeliano.
L’attentato di Washington, riportano Stampa e Repubblica, ha suscitato una condanna unanime da parte della comunità internazionale, ma ha anche acuito le tensioni tra Israele e diversi paesi europei. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato apertamente Francia, Regno Unito e Canada di «essere dalla parte sbagliata della Storia» per le loro critiche alla guerra a Gaza e le aperture al riconoscimento di uno stato palestinese. Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha rincarato la dose parlando di «istigazione all’odio antisemita» da parte di leader occidentali che «diffondono calunnie su genocidi e crimini delle Idf». Accuse che il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot ha definito «oltraggiose e ingiustificate», riporta il Corriere della Sera. Intanto Israele ha messo tutte le sue ambasciate in stato di massima allerta.
Diversi analisti sono chiamati dai giornali a commentare l’attentato di Washington. Sergio Della Pergola (Avvenire) denuncia la strumentalizzazione della guerra per legittimare l’odio antiebraico, spesso mascherato da antisionismo. Gilles Kepel (Corriere) sottolinea l’isolamento di Israele e la mancanza di visione diplomatica di Netanyahu. Yigal Carmon (La Stampa) accusa l’Europa di aver abbandonato Israele e individua nel Qatar il vero motore del potere di Hamas. Tutti concordano: la sicurezza degli ebrei è oggi minacciata ben oltre il Medio Oriente. Secondo Davide Assael (Domani), questa deriva non aiuta la causa palestinese, ma alimenta solo polarizzazione e instabilità nelle democrazie occidentali. Sul Foglio il direttore Claudio Cerasa ribadisce che l’antisemitismo non nasce dal conflitto, ma da un’ideologia radicata che usa l’antisionismo come maschera. Oggi, afferma, non ci si vergogna più di odiare gli ebrei: «È questa la vera emergenza globale». Le parole hanno un peso, e oggi avverte su Repubblica Stefano Cappellini, «siamo pericolosamente vicini a una nuova “caccia all’ebreo”». Per Fiamma Nirenstein (Giornale), la sinistra italiana ed europea ha contribuito a legittimare l’antisemitismo, mascherandolo da antisionismo e diffondendo «accuse infondate» contro Israele.
Intervistate rispettivamente dal Foglio e Repubblica, Pina Picierno e Teresa Ribera, esponenti del fronte progressista europeo, offrono visioni divergenti sul conflitto israelo-palestinese. Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo ed europarlamentare del PD, denuncia l’antisemitismo crescente e invita a distinguere chiaramente tra la critica a Netanyahu e l’odio verso gli ebrei, chiedendo responsabilità nel dibattito pubblico. La spagnola Ribera, vicepresidente della Commissione Ue, accusa invece Israele di azioni «vergognose» a Gaza, simili a un genocidio, e lega le sue politiche all’aumento dell’odio antiebraico.
In Italia a scatenare polemiche e preoccupazione del mondo ebraico sono le parole del leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte e un episodio a Milano. Conte ha attribuito la responsabilità morale dell’attentato di Washington a Israele, accusata di compiere «un genocidio». «Parole pericolose», denuncia il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun intervistato dal Tempo. «In Italia esiste un problema di clima culturale, avvelenato da alcuni soggetti politici e intellettuali che hanno rimestato nel torbido», afferma al Riformista Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano. In un negozio del capoluogo lombardo è apparso negli scorsi giorni un cartello che recitava in ebraico “Gli israeliani sionisti qui non sono benvenuti”. «Con mia moglie eravamo clienti del negozio, ma ora non ci andremo più. Anche se è un privato, credo si debba intervenire. Noi ebrei stiamo vivendo momenti sempre peggiori, qualunque sia la nostra posizione politica su Netanyahu e su Gaza», afferma a Repubblica Milano il vicepresidente dell’Ucei, Milo Hasbani. La Stampa richiama i dati dell’Osservatorio Antisemitismo del Cdec che ha registrato nell’ultimo anno un’impennata di episodi antisemiti, soprattutto online, con la senatrice a vita Liliana Segre spesso bersaglio.
Sul Riformista, Giuliano Cazzola contesta le accuse di crimini di guerra rivolte a Israele, ricordando che la IV Convenzione di Ginevra non vieta di combattere in aree civili, ma impone regole di protezione. L’esercito israeliano, afferma, tenta di rispettarle, mentre Hamas viola sistematicamente tali norme usando i civili come scudi umani.
Il Foglio riporta le critiche di Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica di Bologna, alla marcia pro-Palestina da Marzabotto, definita una scelta storicamente inappropriata. De Paz denuncia l’assenza di ogni riferimento a Hamas e l’equiparazione implicita tra Israele e il nazifascismo, in un clima sempre più ostile agli ebrei.
La figura di Enzo Sereni è al centro di un ritratto di Jonathan Della Rocca sul Riformista. Nato in una famiglia borghese romana, Sereni abbandonò agi e prospettive accademiche per fondare un kibbutz, promuovere l’immigrazione ebraica e opporsi al fascismo. Paracadutato in Italia per combattere i nazifascisti e salvare i perseguitati ebrei, fu catturato e ucciso a Dachau.