DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 27 maggio 2025
L’annuncio di una possibile intesa sugli ostaggi da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu («Spero davvero che riusciremo ad annunciare qualcosa in merito, e se non possiamo farlo oggi, lo faremo domani») ha acceso ieri sera le speranze di una tregua a Gaza, salvo poi essere ridimensionato dal suo ufficio. Il Corriere della Sera racconta un clima di incertezza in cui si moltiplicano annunci e smentite tra Gerusalemme, Doha e Washington, con una proposta di accordo su cui si continua a trattare tra ostacoli politici e violenze sul campo. «La tregua su Gaza è vicina, vicinissima, anzi no», scrive il Giornale, che ricostruisce il «balletto di dichiarazioni» fra Hamas e l’inviato Usa Steve Witkoff, il quale ha smentito l’adesione del gruppo terroristico al piano americano.
Il piano negoziale, sostenuto dagli Usa, prevede la liberazione di dieci ostaggi (fra vivi e deceduti), sessanta giorni di cessate il fuoco e rilascio di prigionieri palestinesi. Il Foglio spiega come Hamas abbia presentato una controproposta modificata, tentando di «guadagnare tempo» e omettendo punti chiave come la restituzione dei corpi.
Cresce il disagio europeo nei confronti del governo Netanyahu. Come riporta il Corriere della Sera, la Commissione Ue ha avviato la revisione dell’accordo di associazione con Israele su richiesta della maggioranza degli Stati membri, compresa l’Austria, tradizionalmente schierata con Gerusalemme. Contrarie al procedimento l’Italia e la Germania, i cui leader però, sottolinea il Giornale, criticano l’azione del governo israeliano: «Non comprendo più l’obiettivo delle Idf a Gaza», ha affermato il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, Israele ha «vinto la guerra» e deve fermarsi; mentre il ministro italiano della Difesa Guido Crosetto ha accusato Netanyahu di «aver superato i limiti». Intanto, Donald Trump – secondo fonti arabe – preme per un annuncio imminente, anche per capitalizzare diplomaticamente.
Sul terreno, l’esercito israeliano avanza a Khan Younis e consolida il controllo delle aree già conquistate. Secondo La Stampa, l’obiettivo è chiaro: «Le aree conquistate non verranno lasciate per evitare che Hamas le riprenda». Colpita una scuola usata come rifugio, riporta Repubblica, almeno 50 le vittime. Secondo il quotidiano, Hamas appare in crisi di comando dopo recenti attacchi mirati, ma si oppone ancora al disarmo, condizione posta da Israele per chiudere il conflitto.
La distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza diventa sempre più caotica e politicizzata, riportano Corriere e Avvenire. Molti carichi introdotti nel fine settimana sono stati saccheggiati da clan locali, legati a Hamas. La Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), sostenuta da Usa e Israele, sta cercando di gestire gli aiuti con un sistema di controllo biometrico, suscitando dure critiche da parte dell’ONU e timori per la sicurezza dei civili. Jake Wood, ex marine ed ex CEO della Ghf, si è dimesso denunciando la violazione dei principi umanitari, mentre i terroristi di Hamas hanno minacciato ritorsioni contro chi si rivolgerà alla fondazione.
Nel “Giorno di Gerusalemme”, decine di giovani israeliani ultranazionalisti hanno aggredito commercianti arabi nella Città Vecchia al grido di «Morte agli arabi», mentre il ministro Itamar Ben Gvir ha chiesto di «fermare gli aiuti» a Gaza e introdurre la pena di morte per i terroristi. Il Giornale racconta come la marcia delle bandiere, ogni anno fonte di scontri, abbia registrato anche l’irruzione in una sede dell’Unrwa. Netanyahu, intanto, promette che Gerusalemme resterà «capitale eterna e indivisa». Sullo sfondo, il governo valuta l’annessione di parti della Cisgiordania.
La grande manifestazione pro Gaza del centrosinistra si terrà con ogni probabilità sabato 7 giugno a Roma. L’obiettivo, scrive Repubblica, è un corteo unitario, con l’adesione anche di +Europa e dei centristi. Carlo Calenda e Matteo Renzi si dicono disponibili a partecipare, a patto che non ci siano simboli di Hamas né derive antisemite. La data scelta precede il rinnovo del memorandum militare Italia-Israele, previsto per l’8 giugno.
«Chi vuole la pace porti in strada bandiere palestinesi e israeliane» è l’appello lanciato su La Stampa dalla scrittrice e sopravvissuta alla Shoah, Edith Bruck. Intervistata da Repubblica, la storica Anna Foa suggerisce di invitare «dirigenti dell’opposizione israeliana o esponenti del movimento di soldati che si rifiutano di arruolarsi per andare a Gaza». La presidente dell’Umbria Stefania Proietti ha iniziato uno sciopero della fame «in solidarietà con i bambini di Gaza» (La Stampa). Il Foglio intervista Francesco Filini (FdI) che accusa la sinistra di strumentalizzare Gaza e teme derive antisemite nella manifestazione del 7 giugno. Sulle stesse pagine, Marco Tarquinio (eurodeputato Pd) invita a manifestare «usando la testa». Intervistato dal Riformista, Emanuele Fiano, allarmato dall’ondata di antisemitismo, invoca «cortei anche per gli ostaggi» e sottolinea la necessità di insegnare «il valore del sionismo».
La Comunità ebraica di Milano ha proposto al sindaco Beppe Sala di esporre un drappo arancione su Palazzo Marino con la scritta: «Che Hamas liberi subito tutti gli ostaggi». La richiesta, scrive il Giornale, arriva dopo il mancato omaggio ai piccoli ostaggi israeliani Bibas e in risposta all’adesione di Sala all’iniziativa dei «50mila sudari» per Gaza.
Sdegno a Roma per il poster apparso davanti al liceo Manara, firmato dalla street artist Laika, che ritrae Benjamin Netanyahu e Adolf Hitler mentre si baciano con il titolo “La soluzione finale”. Una distorsione grave e pericolosa, denunciata sul Foglio da Giuliano Ferrara, che definisce «irricevibile» l’equazione Gaza-Auschwitz e condanna il tentativo di «abbattere la barriera morale dell’antisemitismo». Su Repubblica Luigi Manconi parla di «crimini di guerra commessi da Israele a Gaza», ma avverte «utilizzare, ribaltandola, la lingua della Shoah per meglio condannare il governo di Israele corrisponda a banalizzare l’enormità della Shoah stessa e ciò che essa rappresenta nella storia millenaria della persecuzione degli ebrei».
Nel suo libro Fondato sulla sabbia (Garzanti), Anna Momigliano analizza le fragilità strutturali di Israele, segnato da una tensione costante tra identità e democrazia. L’autrice ne parla oggi con il Riformista.