DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 30 maggio 2025

Israele ha accettato il piano Witkoff per una tregua di 60 giorni a Gaza, Hamas al momento no. La versione della bozza di accordo che circola fra le fonti israeliane, informa il Corriere della Sera, è la seguente: «Il primo giorno rilascio di 5 ostaggi vivi e 9 morti. Il settimo giorno stesso schema: 5 vivi e 9 morti. In cambio dei 10 ostaggi vivi Israele rilascia 125 detenuti ergastolani e 1.111 palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre. In cambio dei 18 morti restituisce 180 corpi di palestinesi. Al decimo giorno Hamas trasmette un rapporto medico dettagliato e completo sulla salute degli ostaggi vivi ancora nelle sue mani». La proposta, riferisce La Stampa, «non è dissimile da quella già presentata settimane fa e che Israele aveva già accettato, ma respinta da Hamas» anche per la condizione «del suo disarmo, che il gruppo di Gaza non vuole». Secondo Repubblica, Hamas «formalmente dice di stare facendo ancora delle valutazioni», ma nella sostanza «la sta respingendo». Tante sono le questioni in ballo. Per il Foglio, in ogni caso, «il vero limite del piano è che anche questa volta non c’è una proposta per una Striscia senza Hamas».

«Dobbiamo lavorare per la soluzione dei due Stati», dice l’ex ministro degli Esteri dell’Anp Nasser al Kidwa in una intervista con Repubblica. Secondo al Kidwa, per Gaza serve una situazione nuova perché «non è possibile tornare allo status quo pre 7 ottobre e questo significa che il controllo di Hamas sulla Striscia deve finire, non solo in termini di governo ma anche di sicurezza». Allo stesso tempo, sostiene il nipote di Yasser Arafat, «bisogna essere ragionevoli: il completo disarmo e l’esilio da Gaza sono cose che ogni palestinese farebbe fatica ad accettare».

«Quando sono arrivata ho visto la mia casa a terra e i miei figli martirizzati, carbonizzati, irriconoscibili. Ho identificato solo il mio piccolo Rival, di 4 anni», racconta al Corriere della Sera Alaa, la pediatra di Gaza che ha perso nove dei dieci figli in un bombardamento israeliano su Khan Younis. Solo il figlio 11enne Adam e il marito Hamdi sono sopravvissuti. Alaa auspica che ricevano «assistenza all’estero, insieme». Il governo italiano si è mobilitato e molte istituzioni sanitarie hanno fatto lo stesso, offrendo la loro disponibilità. Repubblica lo definisce «un moto di solidarietà enorme».

Venerdì 6 giugno si terrà a Milano l’evento “Due popoli e un destino” promosso da Azione e Italia Viva, con l’adesione dei riformisti del Pd. «C’è una parte dell’opinione pubblica italiana che rivendica il diritto di dire “Stop a Netanyahu” senza attaccare Israele», dichiara Maria Elena Boschi (Italia Viva) a Repubblica. «Riconosciamo il diritto di Israele ad esistere, chiediamo lo scioglimento di Hamas, la liberazione degli ostaggi e non accettiamo alcun tipo di antisemitismo». Rispetto alla mobilitazione per Gaza del 7 giugno a Roma, organizzata da Pd, M5S e Avs, l’opinione di Fiamma Nirenstein sul Giornale è che si tratti del «seguito di una storia vecchia: le accuse odierne, come quella di genocidio e colonialismo, infiorettano la storia dell’antisemitismo postbellico». Secondo Massimo Franco (Corriere), «le critiche giustificate contro Netanyahu e il suo governo di destra rischiano di sconfinare in un antisemitismo più o meno strisciante». Titola il Riformista: «Venerdì 6 il dialogo, il 7 il kefiah party».

Il Teatro alla Scala di Milano ha deciso di sospendere la maschera che il 4 maggio aveva urlato “Palestina Libera” mentre la premier Giorgia Meloni stava facendo il suo ingresso nel palco reale. Al riguardo Libero riferisce che «il teatro non ha nessuna intenzione di fare marcia indietro, in quanto non può passare il messaggio che chi riveste questo ruolo possa usare il teatro come proprio palco personale».

«Non è vero che la gente diventi antisemita per l’opposizione al governo Netanyahu», scrive il presidente della Comunità ebraica veneziana Dario Calimani in una lettera al Foglio. «L’antisemitismo è nella cultura e nell’animo, affondale sue radici nelle viscere della storia e nel millenario pregiudizio dell’occidente». Sul Riformista Jonatan Della Rocca racconta dell’indignazione nella Comunità ebraica romana per una “storia” social della figlia del titolare dello storico Caffè Vanni, che su Instagram ha paragonato Gaza ad Auschwitz. Sulle stesse pagine, Nathan Greppi parla dell’antisemitismo «che mette al rogo i libri anti-Pal» partendo dalla vicenda che lo ha riguardato in prima persona al Salone del Libro di Torino.

La Francia assegnerà simbolicamente il titolo di generale ad Alfred Dreyfus. Come spiega il Giornale, «è il posto che gli sarebbe spettato se non fosse finito al centro di uno dei casi più eclatanti e gravidi di conseguenze della storia europea».