DAFDAF 158 – Perché leggiamo il libro di Ruth?

Il libro di Ruth è uno dei testi speciali della nostra tradizione. I Maestri si sono chiesti: “Perché questa Meghillà è stata scritta?”.
Non contiene mitzvòt particolari, né leggi sulla purezza o sull’impurità, non parla di miracoli o profeti.

La risposta è bellissima: il libro di Ruth è stato scritto per insegnarci quanto è importante compiere atti di chesed, cioè bontà e gentilezza verso gli altri.

Ruth è un esempio straordinario: anche se è moabita, dopo la morte del marito sceglie di restare con la suocera Naomì e di seguire il popolo d’Israele. Le sue parole “Il tuo popolo è il mio popolo, il tuo Dio è il mio Dio” sono diventate famose e mostrano il suo coraggio e la sua fede. Anche Bòaz, il parente che la aiuta, si comporta con grande generosità. Ruth raccoglie le spighe nei campi per sfamare Naomì, e Bòaz le permette di farlo con dignità.

Tutti i personaggi compiono azioni buone, anche quando non sono obbligati a farlo. I Maestri ci insegnano che la Torah comincia con atti di bontà – come quando Dio veste Adamo ed Eva – e finisce con atti di bontà – come quando Dio seppellisce Moshè.

Un altro motivo per cui il libro di Ruth è importante è che ci racconta le origini del re Davida. Ruth, infatti, diventerà la bisnonna di Davide. I Maestri dicono che questo ci insegna che la grandezza può nascere anche da chi viene da fuori, se si comporta con sincerità e giustizia.
Ma non basta dire che Ruth è la bisnonna di Davide.

Tutto il libro è dedicato a mostrarci che Ruth è una donna giusta, umile, modesta e piena di emunà – fiducia in Dio. Il fatto che la Meghillà porti il suo nome ci insegna quanto ogni persona, con le sue scelte, può cambiare il mondo.

Per questo, ogni Shavuòt leggiamo questa Meghillà: perché insieme al dono della Torah, ricordiamo che fare il bene verso gli altri è una delle cose più preziose che possiamo imparare.

____________

I latticini…
A Shavuòt, una delle usanze è mangiare cibi a base di latte: formaggi, ma anche cheesecake, blintzes, burekas al formaggio…
Da dove viene questa tradizione?
Una delle spiegazioni più antiche è legata al momento in cui il popolo d’Israele ricevette la Torah sul Monte Sinai.
Dopo aver ascoltato le nuove mitzvòt, compreso quelle che riguardano il cibo, le persone si accorsero che non potevano più cucinare la carne come prima, perché servivano nuovi utensili e regole. Così, per non sbagliare, preferirono mangiare piatti semplici e kasher a base di latte.
Ma c’è anche un significato più profondo.
La Torah viene spesso paragonata al latte: è dolce, pura e nutriente, proprio come il latte per un bambino.
Mangiare latticini diventa allora un modo simbolico per dire che vogliamo assaporare la Torah, nutrircene e portarla dentro di noi con gioia. Così, anche un semplice dolce di Shavuòt può raccontare una grande idea!

___________

… e le rose
A Shavuòt è tradizione decorare le case e le sinagoghe con fiori e piante. Ma perché proprio in questa festa? Una spiegazione viene dal midràsh: quando la Torah fu data sul Monte Sinai, la montagna – che era rocciosa e spoglia – si ricoprì miracolosamente di verde, fiori e profumi.
La natura intera partecipava al momento speciale della rivelazione.
Tra tutti i fiori, le rose occupano un posto particolare. Secondo alcune fonti, il Monte Sinai fiorì proprio di rose.
Inoltre, il popolo d’Israele è spesso paragonato a una rosa tra le spine: un fiore delicato ma forte, capace di crescere anche in mezzo alle difficoltà.
Portare fiori a Shavuòt ci ricorda la vita, la freschezza e la gioia legate alla Torah.
I fiori, con i loro colori e profumi, ci aiutano a vivere la festa con tutti i sensi, come se anche noi fossimo lì, ai piedi del Sinai, tra petali e parole.