ISRAELE – Appello di Aleph e OurCrowd: spingere sulla diplomazia dell’innovazione

Durante il suo viaggio in Medio Oriente, nel maggio 2025, il presidente Donald Trump ha celebrato una serie di intese economiche con Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti che prefigurano investimenti per migliaia di miliardi di dollari. Cerimonie spettacolari, scenografie diplomatiche ad alto impatto mediatico: una regia che Israele ha osservato da spettatore. Eppure, tra gli imprenditori e i leader del settore tecnologico israeliano, quella distanza è stata letta come un’opportunità per riflettere su un modello alternativo di influenza globale. In Israele, scrive il Jewish Insider, figure centrali dell’ecosistema innovativo del Paese hanno notato con lucidità che il paese non può né intende competere sul terreno della “checkbook diplomacy”, la diplomazia fondata sul potere della spesa. Israele non dispone delle riserve sovrane del Golfo ma ha maturato un capitale meno visibile e più resiliente: know-how tecnologico, spirito imprenditoriale e una fitta rete di relazioni costruite sul valore dell’innovazione. Michael Eisenberg, cofondatore del fondo Aleph, propone una “diplomazia economica” fondata su interessi comuni e affinità valoriali, in particolare nel rapporto con gli Stati Uniti. «Non possiamo regalare assegni miliardari, però possiamo offrire soluzioni», ha sottolineato, invitando il governo israeliano a sostenere, anche simbolicamente, la cooperazione tecnologica già esistente tra imprese e istituzioni dei due Paesi. Nella stessa direzione si muove Jon Medved, CEO della piattaforma di venture capital OurCrowd, convinto che gli imprenditori israeliani svolgano già oggi un ruolo chiave nella proiezione internazionale del Paese: «Ovunque andiamo, portiamo con noi Israele. Siamo ambasciatori informali della sua economia». Medved immagina una sinergia strutturata con i Paesi del Golfo, in cui Israele rappresenti l’hub creativo e i partner arabi la piattaforma per la crescita su larga scala: un equilibrio tra innovazione e capitalizzazione. Avner Golov, ex direttore per la politica estera presso l’ufficio del primo ministro, propone di dare forma visibile a questa strategia. Cerimonie pubbliche, accordi firmati con solennità, messaggi condivisi sono strumenti utili per narrare, anche sul piano simbolico, una cooperazione che non si limiti ai memorandum riservati. In un contesto internazionale sempre più influenzato da chi ha la possibilità di investire su larga scala, Israele prova così a rilanciarsi con una proposta chiara: non denaro, ma intelligenza collettiva, mettendo al centro la tecnologia.