DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 16 giugno 2025
Sale il numero delle vittime israeliane per la rappresaglia iraniana contro città e popolazione civile. Cinque i morti al momento dichiarati per gli attacchi di questa notte, tra Petah Tikva e Bnei Brak. Israele ha annunciato che tra gli obiettivi strategici colpiti nelle scorse ore c’erano anche i centri di comando della Forza Quds. L’Iran dal suo canto ha comunicato la messa a morte di un uomo accusato di essere una spia del Mossad.
La crisi tra Israele e Iran è il tema di apertura di quasi tutti i giornali. La Stampa interpella tra gli altri Yigal Carmon, già consigliere antiterrorismo dei primi ministri israeliani Yitzhak Rabin e Yitzhak Shamir. Secondo Carmon, «con questo regime, che ha come parole d’ordine “morte all’America” e “morte a Israele”, non ci si può fermare all’eliminazione del programma nucleare», ma risolvere il problema in modo definitivo. L’ex colonnello dell’esercito israeliano ritiene che la guerra dovrebbe proseguire «sino a quando non ci sarà un suo rovesciamento». Per Luciano Portolano, capo di stato maggiore italiano della Difesa, ascoltato dal Corriere della Sera, «in un dominio multidimensionale e multinazionale, gli elementi sul tavolo sono il successo (o insuccesso) di un accordo sul nucleare con l’Iran, la contiguità geopolitica di Stati, attori, interessi, risorse, alleanze e rivalità, sino a ipotesi di maggiore ampiezza e gravità, con il rischio di deflagrazione ed estensione del conflitto aperto ai paesi limitrofi». Intervistata da Repubblica, l’iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace, dice di auspicare «che il mio popolo diventi sempre più unito e gli iraniani si saldino nella loro protesta», rovesciando gli ayatollah. Non è ancora così, aggiunge, ma in diverse città «stanno crescendo gli slogan contro il regime».
«Stiamo affermando molto chiaramente che questo è un attacco contro il regime degli ayatollah, non contro il popolo dell’Iran», afferma l’ambasciatore israeliano Jonathan Peled in una intervista con Libero. «Non abbiamo nulla contro il popolo iraniano. Il regime degli ayatollah è preso di mira solo perché minaccia Israele e possiede capacità sia nucleari che balistiche. Se così non fosse, ci saremmo fatti semplicemente gli affari nostri». Peled aggiunge che «è molto triste constatare che nel sistema politico italiano c’è chi fa campagna elettorale, semplicistica e grossolana, su questioni tanto complesse come le guerre con Hamas e l’Iran». Sotto la minaccia dei missili iraniani, tra un allarme e l’altro, in Israele la vita continua “sottoterra” nei rifugi. Lo racconta il Messaggero riportando le testimonianze di alcuni Italkim, gli italiani di Israele.
Una legione straniera di agenti doppiamente segreti, perché reclutati lontano da Israele. Sono questi, riferisce Repubblica, «gli esecutori senza nome che avrebbero permesso al Mossad di in filtrarsi nelle strade di Teheran e nei deserti delle basi missilistiche, permettendo di localizzare le residenze degli uomini chiave del regime e degli scienziati che lavoravano all’atomica». Per le missioni in Iran, si legge, «sarebbero stati selezionati giovani appartenenti alle minoranze sciite dell’Afghanistan, della diaspora libanese e delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia». Oltre a loro «ci sarebbero europei, sudamericani e arabi, scelti tra cittadini di paesi con forti interessi economici a Teheran».
«Che infinito sentimento di vergogna dovremmo provare, noi svergognati spettatori dell’offensiva contro l’atomica iraniana», sostiene Giuliano Ferrara sul Foglio. «Dovremmo aiutare e affiancare gli israeliani. E invece siamo impudenti, lenti, esitanti, pacifisti accucciati». Sulle stesse pagine si analizzano le posizioni balbettanti di parte della sinistra italiana. Secondo Claudio Cerasa, «chiunque non riesca a denunciare l’antisemitismo con lo stesso inequivocabile tono con cui denuncia correttamente altri tipi di tragedie non sta facendo altro che muoversi da utile idiota della principale centrale del terrore globale e dell’antisemitismo universale: l’Iran degli ayatollah».
Si muore anche a Teheran. Ma «più forte di tutto, laggiù a Teheran, più dell’unico diritto rimasto ai morti, più della assoluta e incontrovertibile verità che la guerra miete morti, più di tutto a Teheran vince la propaganda», scrive Elena Loewenthal (La Stampa). «E la propaganda non vuole morti».
Libero racconta “il dramma dei turisti israeliani bloccati in Italia” e l’impegno delle comunità ebraiche per assisterli e dare loro ospitalità.
Si è svolta ieri, tra Marzabotto e Monte Sole, una marcia di solidarietà per Gaza. L’iniziativa, riporta il Giornale, è stata scandita da «Accuse di “genocidio” nei confronti di Israele, “Bella Ciao” e inviti agli ebrei italiani a dissociarsi dalle azioni del governo di Gerusalemme».