DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 17 giugno 2025
I leader del G7 riuniti in Canada hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sulla situazione in Medio Oriente in cui esprimono un comune «impegno per la pace e la stabilità» e in cui chiedono una “de-escalation” delle ostilità nel conflitto tra Israele e l’Iran. I leader delle prime sette economie globali, Italia inclusa, hanno messo l’accento sul fatto che Israele abbia il diritto di difendersi, ricordando al tempo stesso come l’Iran sia «la principale fonte di instabilità e terrore nella regione». La cronaca bellica intanto incalza, tra nuovi bombardamenti su Teheran, missili iraniani che tornano a colpire Israele, voci di un possibile salvacondotto in Russia per Ali Khamenei.
«Concordo con papa Leone quando afferma che il mondo dovrebbe essere liberato da ogni minaccia nucleare e che il modo migliore per prevenirla è il dialogo», dichiara l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Yaron Sideman in una intervista con Avvenire. Però, prosegue il diplomatico, «negli ultimi trent’anni il dialogo è stato il principale strumento attraverso cui la comunità internazionale si è sforzata di coinvolgere l’Iran affinché abbandonasse il suo progetto nucleare militare» e il risultato «è stato l’esatto opposto».
«Arginare la teocrazia atomica non è solo giusto. È anche una grande battaglia di sinistra», sostiene il Foglio, riprendendo alcune considerazioni di un senatore dem Usa. «Non dovrebbe essere troppo difficile capire quella che è stata la lezione degli ultimi anni, ovverosia che ogni volta che il fronte unico dell’umanitarismo ipocrita ha cercato di lavorare a forme di de-escalation, spingendo Israele lontano dai suoi obiettivi, puntualmente il regime iraniano ha trovato modi creativi e violenti per utilizzare la copertura umanitaria e alimentare le sue escalation».
Repubblica chiede allo scrittore israeliano Assaf Gavron se l’attacco all’Iran abbia unito il paese. «All’inizio sì, tutti sono rimasti stupefatti dall’efficienza dell’attacco, dall’abilità del Mossad, dalla precisione dei missili», risponde l’autore, pubblicato in Italia da Giuntina. «Ma con il passare dei giorni l’atmosfera è cambiata e sento già levarsi voci critiche verso la decisione del primo ministro Netanyahu», anche «perché aumentano i danni umani e materiali causati dalla reazione iraniana». Tanto che, aggiunge Gavron, «molti si chiedono: ne valeva la pena?».
Il Corriere della Sera riprende dal Times of Israel la testimonianza dell’italo-israeliana Deborah Fait, la cui abitazione a Rehovot è stata duramente colpita da un missile iraniano. Aprendo la porta della sala, la donna racconta di aver scoperto che «non c’era più niente, un’esplosione aveva sfondato il soffitto, cumuli di detriti e travi avevano sommerso ogni cosa, compreso il divano dove poco prima mi ero seduta a riposare».
«Fra le numerose assurdità dei nostri tempi, la più assurda mi sembrano le bombe su Teheran», scrive Mattia Feltri sulla Stampa. «Non le bombe per smantellare il nucleare, e impedire agli ayatollah di dotarsi dell’atomica, dalla quale secondo l’Onu erano a un passo. E nemmeno le bombe sugli aguzzini che popolano le gerarchie teocratiche iraniane. Dico le bombe sui palazzi, sulle case, sulle donne e i bambini e gli uomini e i vecchi».
«Se l’illusione dei due Stati è spazzata via dalla realtà, allora bisogna curare ciò che resta», scrive Goffredo Buccini sul Corriere. «Risanando il cuore nero delle giovani generazioni: gli squadristi della Gioventù della Collina, “terroristi ebrei” anche per l’ex capo dello Shin Bet, Ronen Bar, che scorrazzano negli insediamenti della Cisgiordania; e i ventenni gazawi mai usciti dalla Striscia, cresciuti nella dittatura isolazionista di Yahia Sinwar».
«Quando mai Parigi può perdere un’occasione per segnalare quanto Israele gli stia sull’anima, quanto cerchi in ogni occasione internazionale di fare dello stato ebraico un criminale ricercato per crimini di guerra e magari per genocidio?», si chiede Fiamma Nirenstein sul Giornale, commentando la decisione di bloccare l’accesso agli stand di cinque aziende israeliane al 55esimo Salone Internazionale dell’Aeronautica e dello Spazio di Le Bourget.
Parlando con il Riformista, l’esperto di finanza, terrorismo e reti criminali internazionali Emanuele Ottolenghi denuncia un coinvolgimento della criminalità organizzata italiana nel riciclaggio di denaro e nel traffico di armi legati all’Iran e ai suoi proxy. «Hezbollah deriva parte del suo finanziamento dai servizi intermediari che offre alla criminalità organizzata per riciclare il loro denaro sporco», spiega l’esperto. «Fonte principale di questi proventi è il traffico di cocaina dall’America Latina e fino a poco tempo fa anche quello del Captagon proveniente dalla Siria».