DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 19 giugno 2025
Nel settimo giorno di guerra tra Israele e Iran, c’è ancora incertezza sulle prossime mosse del presidente Usa Donald Trump. «Siamo pronti a entrare in guerra», ha annunciato l’inquilino della Casa Bianca, costretto però a confrontarsi in queste ore con l’ostilità interna e isolazionista della base Maga. Un missile iraniano ha intanto colpito l’ospedale Soroka di Beer Sheva, una delle principali strutture ospedaliere di Israele.
«Penso che una delle ragioni per cui nei decenni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale gli europei hanno nutrito risentimento verso Israele è per la determinazione di quest’ultimo di volersi difendere militarmente», sottolinea il politologo Robert Kaplan alla Stampa. «Ed è una cosa, questa necessità di difendersi con le armi, che i politici europei non hanno. Per questo trovo molto importante la dichiarazione del cancelliere tedesco Merz che ha detto che Israele sta facendo il gioco sporco per l’Europa». Per Yehudah Mirsky, professore di Studi mediorientali della Brandeis University, ascoltato da Repubblica, «se Netanyahu ha fatto ora qualcosa di cui parla da anni è perché ha avuto luce non dico verde ma almeno gialla dagli Stati Uniti, gli atti estemporanei non gli appartengono». Secondo Mirsky, il premier israeliano sconta una fama di guerrafondaio, ma in realtà «non crede a grandi campagne militari come non crede a grandi iniziative di pace». «Per anni a Teheran ci anni minacciato di sterminio, ma ora la situazione per l’Iran si è capovolta», dichiara al Foglio l’analista israeliano Mordechai Kedar. «L’impero iraniano controllava quattro capitali arabe e ora a malapena controlla la propria». Secondo Kedar, ci sono buone possibilità che il regime sia vicino alla fine. Guido Olimpio, sul Corriere della Sera, fa il punto sugli obiettivi finora raggiunti a livello militare. «Danni consistenti sono stati provocati ai siti atomici di Natanz, Karaj, Isfahan e Teheran. Molte le centrifughe per l’arricchimento messe fuori uso, dettaglio confermato dall’Aiea. È rimasta fuori Fordow, il laboratorio ospitato nella montagna e per questo arduo da raggiungere», scrive l’analista. La valutazione complessiva «è che il programma nucleare non è per niente compromesso, ancora limitate le conseguenze degli strike». L’esercito israeliano, prosegue Olimpio, sta inoltre «esaurendo rapidamente gli Arrow, i dardi intercettori che possono fermare ad alte quote la minaccia: entro dieci giorni — riferiscono i media statunitensi — potrebbe restare a secco». Sulla Stampa, Domenico Quirico accusa la classe dirigente israeliana di essere «divenuta autistica», perché sostituisce «alla realtà effettiva» una realtà «fittizia frutto di desideri: la distruzione di Hamas fino all’ultimo gregario e simpatizzante, il cambio di regime in un paese di novanta milioni di abitanti, un nuovo vicino Oriente a controllo israeliano nientemeno con una platea di fetidi tirannelli arabi corrotti, interessati solo alla sopravvivenza, pronti per paura e vantaggi economici a obbedire da vassalli».
«Israele ha ragione sulla bomba atomica iraniana», sostiene il ministro degli Esteri Antonio Tajani, interpellato dal Messaggero. «L’Iran ha sempre avuto una linea guida: cancellare lo Stato d’Israele dalla carta geografica. E se Teheran si costruisce la bomba atomica e oltrepassa, come ha certificato l’Onu, la linea rossa, Israele ha il diritto all’autodifesa». A Tajani viene chiesto di commentare le parole di Merz: «Credo che il capo del governo tedesco voglia dire, ed è così anche per me, che Israele difende un modello di società e di democrazia. La democrazia a mio avviso non è un sistema immune da errori, però è il miglior sistema possibile». Per Claudio Cerasa, direttore del Foglio, «c’è una nuova formidabile locomotiva in Europa che ha iniziato a trainare i vagoni europei non grazie al suo infinito carburante economico, che al momento scarseggia, ma grazie alla sua incredibile e ritrovata leadership politica, strategica, militare e persino morale». E quella locomotiva «è guidata dal più grigio dei leader europei, Friedrich Merz», che ha riconosciuto che Israele «sta creando le condizioni per disegnare un Medio Oriente libero dal cappio del regime iraniano, non più ostaggio della furia di Assad, non più ostaggio dei missili di Hezbollah, meno ostaggio della violenza di Hamas».
Nella diciannovesima puntata del suo Diario da Israele sul Corriere della Sera, lo scrittore Eshkol Nevo racconta la “normalità” israeliana di questi giorni, dentro e fuori dai rifugi: «Durante gli allarmi precedenti, prima che iniziasse la guerra con l’Iran, nel rifugio volavano barzellette. Adesso tutti tacciono, raccolti in se stessi».
“I partigiani tifano gli ayatollah”, titola il Giornale, soffermandosi su una nota dell’Anpi in cui si condanna “l’aggressione israeliana all’Iran”. Al riguardo il Giornale si pone una domanda: «Poteva l’Anpi, questa Anpi, lasciarsi scappare l’occasione per stare dalla parte sbagliata? No, di certo».
“L’università di Bologna in campo contro gli ebrei”, accusa Libero, riferendo di una «mozione propal» approvata dal senato accademico dell’ateneo.
Alcuni giornali tornano sulla vicenda dei due giovani ebrei milanesi insultati e derubati all’esterno di una sinagoga. «Giovani ebrei aggrediti, sale l’allerta in città», scrive Libero. Repubblica, nella sua edizione milanese, parla di “allarme antisemitismo” nel capoluogo lombardo.
Avvenire pubblica un intervento all’Onu di Gabriele Nissim, il presidente di Gariwo, durante la Giornata internazionale contro i discorsi d’odio. Nissim ha illustrato la missione dei Giardini dei Giusti e il loro educare «alla memoria, al riconoscimento, alla gratitudine verso chi opera per il bene».