L’OPINIONE – Alberto Heimler: Gli errori di Hamas e quelli di Bibi
In questi ultimi 20 mesi l’azione del governo di Israele ha perseguito con grande successo l’obiettivo di sconfiggere i nemici di Israele, Hamas, Hezbollah, Assad, gli Houti e adesso l’Iran. Il cerchio di fuoco che circondava Israele adesso non esiste quasi più; in queste ore il programma nucleare iraniano è stato distrutto o danneggiato in maniera gravissima.
La strategia di Hamas con l’invasione del sud di Israele il 7 ottobre 2023 perseguiva ben altro obiettivo. Il cerchio di fuoco avrebbe dovuto infiammarsi e distruggere Israele anche dall’interno, con la rivolta della Cisgiordania e degli arabi israeliani. Quel progetto è fallito, ma è anche fallita la guerra comunicativa di Hamas avviata quasi contemporaneamente e che mirava a bloccare Israele tramite l’opinione pubblica occidentale, impietosita dalle immagini di devastazione e orrore provenienti da Gaza.
Hamas non ha compreso che quelle immagini pur terribili si presentano in ogni guerra e che quella comunicazione, quella denuncia, non poteva riguardare solo Gaza, ma tutte le guerre. Inoltre, non esiste una differenza tra morti civili e militari perché un esercito di leva è formato da civili che temporaneamente sono militari, giovani ragazzi ventenni che purtroppo perdono la vita e non sono dei semplici numeri. Sono esseri umani che se ne vanno e che invece avrebbero davanti a sé anni di vita. Questo avviene a Gaza, in Ucraina, in Sudan, nello Yemen, nel Myanmar, in Somalia, nel Congo, in Etiopia, nel Sahel. E poi ci sono i sanguinosi conflitti in America Latina tra i governi e le bande dei trafficanti di droga che si stanno trasformando anch’essi in una sorta di guerra civile. In tutti questi paesi uomini e donne, giovani e anziani, militari e civili vengono uccisi, feriti e mutilati, con famiglie devastate, genitori in lacrime, carestie e povertà diffuse. Non c’è solo Gaza.
Ma c’è una differenza. La guerra di Gaza a differenza di tutte le altre è scoppiata a seguito di un attacco sanguinoso a Israele da parte di Hamas e, come tutti sanno, potrebbe facilmente concludersi con la resa di Hamas e la restituzione degli ostaggi, come auspicato da Israele e dall’Autorità Nazionale Palestinese. Se ciò non avviene la responsabilità di tutte quelle devastazioni è solo di Hamas che non riconosce lo Stato di Israele e ne auspica attivamente la distruzione. Finora non ci sono segnali di un ravvedimento o di un cambiamento di posizione da parte di Hamas. Delle due l’una. Dopo il 7 ottobre 2023 e vent’anni di lanci di missili giornalieri sul sud di Israele, Hamas deve restituire gli ostaggi e lo può fare 1) arrendendosi o 2) riconoscendo Israele e deponendo le armi. Il cessate il fuoco non è una soluzione definitiva e non c’è forza politica in Israele che lo sostenga. Neanche oggi, 20 mesi dopo l’inizio del conflitto.
E lo stesso vale per l’Iran. C’è una polemica su quanto vicino fosse l’Iran alla bomba nucleare, una settimana, qualche mese o un anno. Le stime divergono, ma non ci sono forse sufficienti elementi che giustificano questo attacco, indipendentemente da quanto la bomba atomica fosse vicina? Obiettivo dichiarato dell’Iran è la distruzione di Israele per ragioni religiose, con folle oceaniche che da decenni urlano morte a Israele e ne bruciano la bandiera e con un programma nucleare chiaramente avviato per distruggere quello Stato. Inoltre, l’Iran ha armato i vicini di Israele, inclusi gli Houti, con armi sempre più sofisticate e letali e ha attaccato due volte Israele nel 2024. Quanto e che cosa doveva aspettare Israele prima di attaccare l’Iran? Chi critica l’attacco dovrebbe dirlo.
Infine, Netanyahu. Molti qui da noi sostengono che la guerra e la sua espansione lo mantengono al potere e che dunque è proprio la sua sete di potere a spiegare l’aggressività di Israele. Queste motivazioni derivano da una visione molto cinica della politica che non può limitarsi al solo Netanyahu. Secondo questa logica nessun politico persegue l’interesse generale e tutti hanno solo motivazioni personali e soprattutto private. Staremmo freschi! Credo invece che in generale i politici perseguano l’interesse pubblico e che la loro soddisfazione derivi dal consenso che hanno. C’è un certo grado di manipolabilità dell’opinione pubblica, ma non dura per anni e alla fine la falsità si percepisce, la doppiezza emerge, l’assenza dell’interesse generale fa cadere i governi. Se effettivamente tutto quanto avvenuto fosse stato deciso per tenere Netanyahu fuori dal carcere chi mai vorrebbe rischiare la vita per questo? Chi mai vorrebbe sacrificarsi? L’opposizione in Israele lo denuncerebbe con forza, le famiglie protesterebbero e l’esercito israeliano sarebbe tenuto in piedi dalle decimazioni. Ne avete forse vista qualcuna? Questo certo non significa che Netanyahu ha sempre ragione. Fa errori come tutti, ma fino a prova contraria in buona fede.
Alberto Heimler