DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 24 giugno 2025

«Il cessate il fuoco è ora in vigore. Vi prego di non violarlo. Donald J. Trump, presidente degli Stati Uniti», ha scritto su Truth l’inquilino della Casa Bianca. Le dichiarazioni del presidente Usa arrivano a poche ore dall’annuncio della tregua, una tregua a suo dire propedeutica alla fine della guerra tra Israele e il regime degli ayatollah. Il cessato il fuoco è stato confermato da entrambe le parti. Lo Stato ebraico piange intanto nuove vittime, almeno cinque, in un attacco missilistico iraniano contro la città di Beer Sheva avvenuto prima che l’accordo producesse effetti.

È ancora possibile un regime change? Da Parigi si è espresso ieri nel merito Reza Pahlavi, il 64enne principe ereditario del trono dello Scià di Persia. Ne scrive tra gli altri il Corriere della Sera, citando i punti salienti della sua conferenza stampa. «Non dobbiamo offrire una nuova ancora di salvezza al potere corrotto e sanguinario degli ayatollah: è il momento della sollevazione finale e della transizione democratica», ha affermato il principe Pahlavi, che lasciò il paese 18enne. «L’eliminazione totale di questo regime teocratico è la sola opzione possibile. Altrimenti nessun popolo è al sicuro».

«Quale posizione consiglia agli Usa verso Netanyahu?», domanda Repubblica al politologo statunitense Michael Walzer. «Servirebbe una linea più sofisticata, per fermare quanto sta facendo a Gaza, sostenendolo invece con l’Iran», risponde lo studioso. «La guerra nella Striscia è ingiusta, quella contro la Repubblica islamica è altro, ma a Washington oggi non c’è questa forza morale per distinguere».

«Ogni persona di buon senso non può che essere felice di liberarsi di una dittatura, e quella iraniana è fra le peggiori», sottolinea al Giornale il regista israeliano Eran Riklis, che nel 2024 ha trasposto cinematograficamente il libro Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi. «Ma bisogna stare attenti a interferire in altri paesi», ammonisce, perché «se sono gli iraniani a cambiare il regime, fantastico, ma è difficile agire nel modo giusto, dall’esterno».

Secondo Dan Diker, presidente del Jerusalem Center for Security and Foreign Affairs, intervistato da Libero, il rischio che il regime iraniano mobiliti ora la sua rete terroristica globale è concreto, anche attraverso le alleanze in «Venezuela, Cuba, Nicaragua» e le «cellule» presenti negli Usa.

«Dobbiamo costringere i nostri nemici a supplicarci per un accordo. Hamas ci ha restituito gli ostaggi solo perché abbiamo combattuto e quando Trump ha minacciato che avrebbe aperto le porte dell’inferno a Gaza», dice alla Stampa Ditza Or, madre di Avinatan ostaggio di Hamas a Gaza da 20 mesi. Ditza Or, si legge, è parte del Tikva Forum, «l’alternativa di destra ai gruppi di parenti dei rapiti» che chiedono un accordo con Hamas.

“Anna Foa si aggiudica il trofeo della mostrificazione di Israele”, titola il Riformista, proponendo un intervento del demografo Sergio Della Pergola sulla recente vittoria del saggio Il suicidio di Israele al premio Strega. «Sarebbe almeno onesto riconoscere che è una lettura con i paraocchi», scrive.

Il parroco di un paese vicino Sorrento ha scelto di indossare una casula con i colori della bandiera palestinese, officiando con essa la funzione domenicale. «Questa ancora non l’avevamo sentita, perlomeno non così smaccata: l’omelia pro-Pal», accusa Libero.

Il movimento Lgbtqia «sta perdendo la propria memoria storica», accusa Aurelio Mancuso sul Tempo. «Chi vuole esserne leader, deve conoscerla alla perfezione, deve sapere che gli omosessuali furono uccisi nei campi di sterminio insieme agli ebrei e deve ancora ricordare come l’attacco del 7 ottobre venne condotto da Hamas proprio nei confronti di quell’area del dialogo e del pacifismo rappresentata dalle associazioni oggi escluse».