DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 26 giugno 2025

Tra tutte le domande lasciate in campo dalla tregua tra Israele e Iran «ce n’è una cruciale», sottolinea il Corriere della Sera. «Che fine hanno fatto gli oltre 400 chilogrammi di uranio pericolosamente arricchito al 60% U-235 di Khamenei?». Secondo il Corriere, «bisogna passare da qui per capire cosa rimane del programma nucleare iraniano dopo le potenti 14 bombe penetranti GBU-57 messe a disposizione dal presidente Usa Donald Trump, capaci di scavare nella cosiddetta “montagna atomica”, cioè il sito di Fordow». Al riguardo ci sono versioni «molto distanti».

«Scorge qualche nesso fra quanto accaduto in Iran e le chance di risolvere il dramma a Gaza?», chiede La Stampa al politologo statunitense Charles Kupchan. «Netanyahu ora deve trovare una soluzione politica, quella militare è evidente ha esaurito ogni forza e il livello di sofferenza umanitaria a Gaza è inaccettabile», risponde l’esperto. Per Kupchan, «il premier israeliano ha uno scenario, dopo il successo su Teheran e l’indebolimento del cosiddetto “Asse della resistenza”, per svoltare e coinvolgere magari l’Autorità nazionale palestinese nella gestione della situazione».

Torna sul tavolo l’ipotesi di elezioni anticipate in Israele. Una ipotesi che, secondo alcuni, starebbe stuzzicando il premier Benjamin Netanyahu dato in risalita nei sondaggi. Repubblica chiede un parere a Meir Litvak, il direttore del Centro sugli studi iraniani dell’Università di Tel Aviv. Litwak è scettico, ritenendolo un azzardo perché «la sua coalizione di governo non ha ancora la maggioranza, pur avendo il Likud riguadagnato posizioni».

«Vinta la guerra, bisogna saper vincere la pace, materia in cui Israele non è mai stato esperto», sostiene Davide Assael in una riflessione sulle pagine di Domani. Adesso deve «entrare in campo la diplomazia», scrive l’analista. E affinché questo accada «il governo Netanyahu deve farsi da parte, perché la componente suprematista che ha al suo interno impedisce a priori qualunque tavolo con gli altri soggetti dell’area».

Il Foglio pubblica alcune testimonianze di iraniani in Israele. Tra gli altri interviene una giovane ebrea iraniana, emigrata pochi anni fa nel paese, che ha chiesto l’anonimato «perché il timore per la sorte dei familiari rimasti in Iran è altissimo». Parla con il Foglio anche lo scrittore Payam Feili, perseguitato dal regime anche per via della sua omosessualità. Da cinque anni vive in Israele con lo status di rifugiato politico.

Sarà il 33enne Zohran Mamdani il candidato dei democratici a sindaco di New York. Mamdani sostiene che l’espressione “Globalizzare l’Intifada” non sia violenta e si è più volte scontrato con le istituzioni ebraiche per via delle sue posizioni su Israele. Il padre e la madre, riporta il Corriere, «sono decisi sostenitori dell’anticolonialismo, dell’antirazzismo e della causa palestinese». La madre è anche coinvolta nel movimento Bds.

ll boicottaggio dei prodotti israeliani da parte della Coop ha suscitato “l’ira degli ebrei”, scrive Libero segnalando la posizione di Walker Meghnagi, il presidente della Comunità ebraica di Milano, secondo il quale l’iniziativa «si inserisce nella peggiore tradizione del nazionalsocialismo e del fascismo». Sugli scaffali della Coop è arrivata nel mentre, da qualche giorno, la Gaza-Cola. «Pazienza se il logo e il colore possono farvi pensare a una amerikanissima Coca-Cola taroccata», osserva Il Foglio, perché «la presenza dei colori della bandiera palestinese vi riporterà subito dalle parti del ridicolo prete che ha detto messa indossando i paramenti a mo’ di bandiera di Gaza».

Libero racconta anche la storia di una studentessa di medicina israeliana che era in procinto di laurearsi all’Università Statale di Milano. La laurea è però «sfumata a pochi giorni dal traguardo» perché l’ateneo ha annullato tre degli esami sostenuti a distanza «durante il periodo in cui era stata richiamata in patria come riservista».

Nelle sue pagine su Israele, Il Riformista ospita un intervento di Davide Riccardo Romano, il direttore del Museo della Brigata Ebraica, su alcuni “professionisti” dei salotti tv «campioni di catastrofismo e analisi fasulle». Sempre sul Riformista, il medico ed ex ministro della Salute Francesco De Lorenzo, formatosi al Weizmann Institute di Rehovot, definisce una follia il boicottaggio scientifico di Israele «per la furia ideologica di qualcuno, imbevuto di propaganda».