ISRAELE – Netanyahu in visita al kibbutz Nir Oz, prima volta dal 7 ottobre

Nell’immagine si vedono le gemelline Emma e Yuli Cunio davanti una torta per ciascuna. È il loro quinto compleanno, il secondo senza il padre David. «Emma e Yuli hanno bisogno di lui, io ho bisogno di lui: senza David non possiamo guarire», scrive la madre delle gemelle, Sharon. Il marito è da 636 giorni nelle mani di Hamas, sequestrato dalla sua casa nel kibbutz Nir Oz. Una delle comunità devastate dalle stragi del 7 ottobre 2023. Un luogo simbolo di quella tragedia in cui il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu fino ad oggi non aveva mai messo piede. Lo ha fatto adesso, in silenzio. All’ingresso principale lo aspettavano manifestanti, con cartelli e slogan di contestazione: «Vergogna», «Signor abbandono».
Il kibbutz – da sempre considerato un bastione pacifista – ha perso 117 dei suoi 400 abitanti tra uccisi e rapiti. La visita di Netanyahu arriva a poche ore dalla sua partenza per Washington, dove incontrerà il presidente americano Donald Trump. Sul tavolo c’è la proposta di cessate il fuoco, una tregua di 60 giorni che prevede, riporta l’emittente Kan, il rilascio graduale di 28 ostaggi, di cui dieci in vita e 18 salme. Le famiglie dei rapiti sperano che l’accordo venga finalizzato, ma chiedono il ritorno di tutti e 50 i sequestrati.
Per spingere il governo ad agire, il Forum delle famiglie degli ostaggi ha diffuso un nuovo video in cui compaiono i prigionieri Maxim Herkin e Bar Kuperstein, seduti con la schiena contro un muro. Herkin, con una mano bendata, guarda dritto nella telecamera: «Siamo morti che camminano. Non ci sentiamo esseri umani». Poi Kuperstein: «Per favore!», dice appena. Le immagini sono introdotte da una dichiarazione di Trump: «Gli Stati Uniti vogliono riavere gli ostaggi». Il filmato, approvato dai parenti dei sequestrati, è un appello per un accordo complessivo, non per una liberazione parziale. «Questo è l’atto corretto e morale, che non richiede la separazione dei fratelli e la scelta immorale di un ostaggio piuttosto che un altro», scrive il Forum.
Ma il compromesso discusso tra Israele, Hamas e i mediatori internazionali prevede proprio questo: un rilascio a scaglioni, otto ostaggi vivi il primo giorno, due l’ultimo, con nel frattempo la restituzione delle salme. Niente oltraggiose cerimonie del gruppo terroristico prima delle liberazioni dei rapiti. In più, Hamas dovrà fornire informazioni mediche sugli ostaggi che resterebbero in prigionia, mentre Israele condividerà dati sulle condizioni dei detenuti palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre. Infine, durante la tregua temporanea, le parti dovranno negoziare per porre fine alla guerra. 

(Nell’immagine, l’incontro a Nir Oz del primo ministro Netanyahu con Einav Zangauker, madre del rapito Matan)