DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 15 luglio 2025
Israele e Hamas si scambiano accuse sullo stallo dei negoziati per la tregua, mentre a Gaza continuano le operazioni militari, riportano Corriere e Repubblica. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si dichiara disponibile a ridurre la presenza militare e propone nuove mappe, ma affronta una crisi politica interna con i partiti haredi, che chiedono l’immediata introduzione di una norma per esentare gli studenti delle scuole religiose dalla leva obbligatoria.
Il progetto citato dal governo israeliano di una «città umanitaria» per sfollati palestinesi a sud di Gaza rischia di naufragare per costi insostenibili e tempi lunghi: fino a 10 miliardi di dollari e almeno 12 mesi. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, riporta il Sole 24 Ore, ha definito l’operazione «irragionevole». L’ex premier Olmert, prosegue il quotidiano economico, ha parlato di rischio pulizia etnica. Intanto le guerre in corso aggravano il deficit e minano l’economia israeliana.
In Siria esplode un nuovo fronte di guerra civile a Suwayda, città drusa nel sud del Paese, dove scontri tra drusi e beduini sunniti, sostenuti dal regime di al Sharaa, hanno causato oltre 80 morti. Israele è intervenuto colpendo i carri armati siriani e dichiarando di voler proteggere la comunità drusa, riporta Repubblica.
I patriarchi cristiani di Gerusalemme, tra cui il cardinale Pierbattista Pizzaballa, hanno pubblicato una nota congiunta per denunciare le violenze commesse da estremisti israeliani in Cisgiordania (Avvenire e Sole 24 Ore).
Dopo un lungo silenzio, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha chiesto a Hamas di rilasciare gli ostaggi israeliani e di consegnare le armi all’Anp, ribadendo che il gruppo terroristico non governerà Gaza dopo la guerra. Lo ha fatto, segnala il Sole 24 Ore, durante un incontro con l’ex premier britannico Tony Blair ad Amman.
«Quando Hamas loda un funzionario Onu, dovrebbe essere un campanello d’allarme», sottolinea Hillel Neuer, direttore di UN Watch, parlando di Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti nei territori palestinesi, in un’intervista al Riformista. Neuer contesta la parzialità ideologica della funzionaria italiana, accusandola di aver mentito sulle proprie credenziali («Non ha mai superato l’esame per esercitare la professione») e di usare «retorica melodrammatica, non integrità». Sotto accusa anche il sistema stesso dell’Onu, che – secondo Neuer – mostra un pregiudizio sistemico contro Israele: «Nel solo ultimo anno l’Assemblea Generale ha approvato 19 risoluzioni contro Israele e solo una ciascuna contro Iran, Siria o Corea del Nord». Albanese, aggiunge, «minimizza le atrocità di Hamas» e diffonde un linguaggio che ricorda «l’antisemitismo da anni Trenta». Il Riformista dedica diverse pagine al caso Albanese, ricordando tra l’altro il ruolo del marito come consigliere per il Ministero dell’Economia di Ramallah.
Sempre sul tema Albanese, il Foglio intervista Emanuele Fiano, che critica il Pd per «l’idolatria» nei confronti della relatrice Onu, denunciata per l’uso del «genocidio» contro Israele senza basi solide. Fiano sottolinea l’assenza di dati verificabili nei rapporti di Albanese e accusa la sinistra italiana di superficialità ideologica. Ricorda che Hamas ha motivazioni antiebraiche, non solo anti-israeliane, e lamenta che il Pd ignori voci israeliane critiche ma costruttive, come Yair Golan. Libero invece titola «Lodi a Putin, insulti a Schlein e disgusto per Mattarella. Ecco chi guida la sinistra nella petizione pro-Albanese», raccontando chi è Giuseppe Salomone, la persona che ha lanciato la campagna per dare il Nobel per la Pace ad Albanese.
Secondo uno studio del Begin-Sadat Center, le accuse di genocidio contro Israele sono infondate: gli aiuti a Gaza non sono diminuiti dopo il 7 ottobre, e la crisi umanitaria è aggravata da Hamas, che sequestra le risorse e usa i civili come scudi umani. Ne scrivono il Riformista e Libero, contestando i dati forniti da Ong e Onu, definendoli imprecisi o manipolati. Parlare di «genocidio», concludono i due quotidiani, è propaganda dannosa che banalizza il termine e ostacola la lotta al terrorismo. Il Fatto Quotidiano segnala invece che un’associazione di avvocati ha presentato un ricorso alla Corte di Giustizia Ue contro Commissione e Consiglio per «inazione colpevole di fronte ai crimini commessi da Israele a Gaza».
Un’analisi basata sui dati del Pew Research Center e ripresa dal Foglio documenta come la popolazione ebraica mondiale non si sia ancora ripresa dalla Shoah: da 16,6 milioni nel 1939 a 14,8 milioni oggi. Gli ebrei rappresentano solo lo 0,2% della popolazione mondiale, ma continuano a essere oggetto di «un’ossessione antisemita globale», ricorda il Foglio, acuita dal conflitto tra Israele e Hamas.
La Torah è un testo complesso e contraddittorio, che consente ogni libertà di lettura tranne quella di scegliere cosa accettare e cosa scartare, spiega su La Stampa Elena Loewenthal, replicando a un precedente intervento di Vito Mancuso sulle stesse pagine. Nella Torah non è ammissibile, prosegue Loewenthal, lo “scarto” – quel procedimento che porta Mancuso a invitare alla “pesca” di ciò che pare più umano e più giusto e tralasciare quanto è più scomodo e financo inaccettabile in quel grande racconto dell’umanità che è la Bibbia». Loewenthal critica anche il termine «israelismo» usato da Mancuso: «un neologismo dal sapore dispregiativo da un nome che nella Bibbia è ben altro (quasi a dire che lo stato d’Israele in sé e per sé sia il frutto di una devianza e non la sintesi coerente di un percorso in cui la tradizione ebraica si innesta nella storia)».
Nella sua rubrica su Repubblica, Michele Serra accusa Israele di essere passato da «assediato ad assediante», e di aver «già ben oltrepassato ogni possibile applicazione del concetto di legittima difesa». Per Serra Israele «con la campagna di Gaza e la colonizzazione indecente della Cisgiordania, ha perso molto più dei chilometri quadrati guadagnati». Sulla stessa linea, Stefano Levi Della Torre, intervistato da l’Unità, che, oltre a dure critiche a Israele, accusa il mondo ebraico della Diaspora di non esporsi contro le azioni del governo di Gerusalemme.