DAI GIORNALI DI OGGI – Bokertov 16 luglio 2025
Gli scontri tra milizie druse e forze sunnite filo-governative a Sweida, nel sud della Siria, mettono in luce la fragilità del nuovo governo di Ahmed al Sharaa, legato al mondo jihadista e sostenuto dalla Turchia. Come riportano Corriere della Sera e Repubblica, oltre 130 i morti, mentre l’intervento militare israeliano a sostegno dei drusi ha aperto un altro fronte della crisi. Netanyahu ha giustificato l’intervento come difesa dei confini e applicazione dell’accordo di demilitarizzazione del sud siriano, mentre Damasco accusa Israele di attacchi «codardi». In un articolo su La Stampa, Domenico Quirico smonta l’immagine «moderata» di al Sharaa, definendolo un jihadista travestito da leader politico che prosegue, con metodo e violenza, la «purificazione» settaria in Siria. Dopo gli alawiti, ora tocca ai drusi, denuncia Quirico, secondo cui l’Occidente resta cieco di fronte a quanto accade: «La ripulitura islamista inizia dalle minoranze. I cristiani saranno lasciati per ultimi».
I quotidiani riportano le forti tensioni interne in Israele sul tema della leva militare obbligatoria per gli studenti delle scuole religiose. I partiti haredi sono usciti dal governo per chiedere l’approvazione immediata di una norma che li esenti dal servizio militare. Secondo un sondaggio dell’Institute for National Security Studies ripreso da la Stampa, il 41% dei cittadini incoraggerebbe i propri figli a disertare se la legge passasse, e il 44% teme un danno alla motivazione dell’esercito. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha ribadito che «il servizio militare deve valere per tutti», mentre il generale Tamir Heyman ha criticato duramente i partiti religiosi per aver lasciato la coalizione nel mezzo della guerra a Gaza.
Nel vertice dei ministri degli Esteri Ue, i Ventisette hanno riconosciuto violazioni dei diritti umani a Gaza, ma rinviato qualsiasi decisione su sanzioni contro Israele. Come riporta il Sole 24 Ore, «meno di 10 governi sono pronti a sanzionare il governo israeliano». A frenare le pressioni, l’accordo Ue-Israele per facilitare l’ingresso di aiuti a Gaza e i raid contro l’Iran, che secondo il quotidiano «hanno contribuito a un ammorbidimento dell’atteggiamento di molti governi».
Il Sole 24 Ore dà voce all’accusa del sindaco di Jenin, Kamal al-Rub, secondo cui «Hamas è una creazione di Israele per dividere i palestinesi». Lo stesso al-Rub ammette però che in Cisgiordania il gruppo terroristico gode di forte consenso tra i giovani palestinesi. Secondo Libero anche l’Autorità nazionale palestinese è coinvolta in attività violente: un’inchiesta di Palestinian Media Watch rivela che numerosi agenti delle forze di sicurezza dell’Anp partecipano ad attacchi contro Israele, ricevendo premi e onorificenze come i terroristi di Hamas. La distinzione tra poliziotti e combattenti è spesso solo formale: «li differenzia solo la divisa blu», denuncia il quotidiano.
Secondo l’ex premier israeliano Ehud Olmert, intervistato da Domani, «Hamas è già distrutto come forza militare» e la guerra dovrebbe essere fermata. Olmert critica duramente Netanyahu per l’assenza di una strategia: «Non si capisce quale sia l’obiettivo finale». Per il futuro di Gaza propone «una forza di sicurezza congiunta con paesi arabi ed europei» e una nuova amministrazione «coordinata con l’Anp ma indipendente». A questa prospettiva si affianca quella dello storico Harel Chorev, intervistato dal Riformista, secondo cui esiste già una forma di pace «pragmatica» tra Israele e alcuni clan arabi in Cisgiordania, come quello degli Jabari, in buoni rapporti con Gerusalemme. Ma secondo Chorev queste intese «non hanno possibilità di funzionare» su larga scala, perché minerebbero l’identità palestinese e si scontrano con il dominio politico di Hamas, Fatah e dell’Anp. I clan però restano centrali nella vita sociale palestinese e rappresentano una rete di sicurezza alternativa quando lo stato fallisce, conclude Cholev.
Sul Riformista, Iuri Maria Prado attacca il Corriere della Sera e il suo inviato Lorenzo Cremonesi per aver parlato di presunti video che mostrerebbero soldati israeliani e contractor americani mitragliare civili in coda per gli aiuti a Gaza. Secondo Prado, tali filmati non esistono o non sono mai stati mostrati: «Non li ha mai visti nessuno». Al contrario, scrive, le uniche immagini documentate mostrerebbero la violenza di Hamas. Il Fatto Quotidiano, nella rubrica di Daniele Luttazzi, invece cerca di negare gli stupri di Hamas del 7 ottobre.
A Bogotá si è tenuto il vertice del «Gruppo dell’Aia», con 30 Paesi riuniti per chiedere sanzioni contro Israele e l’arresto di Netanyahu e Gallant. Francesca Albanese, relatrice Onu, ha definito l’incontro «storico». Libero lo descrive come un summit filoislamico e antisemita, sostenuto da regimi autoritari e figure della sinistra radicale.
«Da Sansal a Israele, per le ong e le Nazioni Unite l’universalità dei diritti finisce dove iniziano gli interessi geopolitici», titola il Foglio, sottolineando come il caso dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal, condannato a cinque anni in Algeria per aver visitato Gerusalemme e criticato il regime, è stato ignorato dalle principali ong per i diritti umani, sollevando dubbi sulla coerenza e selettività dell’attivismo internazionale. Il Foglio denuncia un antisemitismo latente e un uso strumentale dei diritti umani da parte di ong e Onu. Intanto, dopo le sanzioni Usa a Francesca Albanese, si è dimessa l’intera commissione Onu d’inchiesta contro Israele, accusata di pregiudizi e toni antisemiti da più parti, inclusa l’inviata americana Deborah Lipstadt.
In un lungo intervento su Avvenire, Massimo Giuliani critica duramente l’articolo di Vito Mancuso pubblicato su La Stampa domenica 13 luglio, accusandolo di distorcere l’ebraismo e il sionismo sulla base del conflitto israelo-palestinese. In generale, Giuliani sottolinea come equiparare il sionismo al nazismo rappresenti una «perversione storica» e ideologica, soprattutto se si cercano le radici del cosiddetto «nazi-sionismo» nei testi sacri ebraici come il Deuteronomio. Giuliani difende la complessità dell’ebraismo, che non è né una religione fondamentalista né un’ideologia politica, ma una tradizione vivente – la masorà – fondata sull’interpretazione continua di Bibbia, Mishnà, Talmud e commenti rabbinici. Usare le Scritture per delegittimare l’identità ebraica, spiega, è un’eredità dell’antigiudaismo religioso, e ridurre l’ebraismo a una contrapposizione tra «buona spiritualità» e «cattiva politica» significa cadere in un dualismo gnostico incompatibile sia con la tradizione ebraica sia con quella cristiana.
La Stampa pubblica il racconto Spoiler, inedito che lo scrittore israeliano Eshkol Nevo leggerà questa sera al Letterature Festival Internazionale di Roma. Il racconto parla di un flirt negli anni Ottanta tra due giovani scout che s’azzuffano per corteggiarsi. «Sembrava fosse amore invece era un abuso», titola La Stampa.
«Una impreparazione culturale e psicologica, prim’ancora che nella dimensione specificamente bellica: in pratica non si riesce a concepire la guerra come un fatto possibile e attuale, ritenendo ancora di poterla aggirare con astuzie politico-diplomatiche». Così si legge in una nuova indagine del Censis su “Gli italiani in guerra” anticipata oggi da La Stampa. Secondo l’indagine, il 16% dei giovani tra i 18 e i 45 anni si dice disposto a combattere, mentre la maggioranza preferirebbe protestare, disertare o pagare mercenari.