STORIA – Luisa Basevi: Kishinev e l’autodifesa ebraica

Chisinau, Kishinev in russo, è oggi la capitale della Moldavia. Nel 1903 era Bessarabia, nella parte occidentale della Zona di Residenza. Lì vivevano 400 mila ebrei su 3 milioni di abitanti. Kishinev era abitata da giovani ebrei, chiamati Ebrei Esterni, a cui era vietato studiare nelle università locali e che si riunivano anche per fare politica. Nell’aprile 1903 ci fu un pogrom dove si contarono 49 uccisi, 100 feriti gravi rimasti invalidi tutta la vita e altre centinaia di feriti, nonché circa mille case e negozi distrutti. Le notizie riportano di cadaveri gettati per strada con chiodi piantati in testa, uomini castrati, donne stuprate e bimbi gettati dalle finestre.
All’inizio si pensò ad un pogrom spontaneo, ma poi si capì che era stato politicamente programmato dal ministro degli Interni russo, aiutato dall’impiegato statale e giornalista Pavel Krushevan che aveva pubblicato giornali antisemiti e architettato una propaganda nella città di Kishinev e dintorni, accusando gli ebrei, come nel medioevo, di omicidio rituale.
Il governo dello zar Nicola II era interessato ad attivare tale propaganda proprio perché gruppi di giovani ebrei si riunivano con idee rivoluzionarie in un periodo in cui fiorivano correnti antigovernative pronte alle sommosse. Lo scopo della propaganda era doppio: da un lato, distrarre le masse da potenziali insurrezioni antigovernative sviluppando l’odio contro gli ebrei; dall’altro mostrare che il popolo aggrediva gli ebrei perché erano il cuore delle rivolte anti russe.
Quello di Kishinev è stato ricordato anche dopo il 7 ottobre come primo pogrom documentato. Grazie allo sviluppo dei mezzi di comunicazione, foto e articoli furono inviati in vari paesi occidentali, incluso il NY Times. Lo stesso Krushevan si sorprese del clamore mediatico del pogrom, si convinse dell’esistenza di una lobby ebraica e pubblicò i Protocolli dei Savi di Sion.
L’ebreo Pinchas Dashevsky tentò di uccidere Krushevan; non ci riuscì, ma mostrò la possibilità di ribellarsi, diventando simbolo della reazione ebraica. Nel 1904, il poeta Bialik fu inviato a Kishinev dalla commissione ebraica di Odessa per raccogliere testimonianze dei sopravvissuti del pogrom e scrisse Nella città del massacro. «Alzati, vai nella città del massacro», è arrivato il momento di fare qualcosa. Da Abramo ai Maccabei, verso il sionismo. Dopo 20 anni dal pogrom Vladimir Zeev Jabotinski andò a Kishinev e trovò un frammento di Torah che portò con sé ovunque, soprattutto dove si preparavano gruppi ebraici di difesa.
Luisa Basevi