LA LETTERA – Paolo Pozzi: Cosa ci insegna Suwayda
I drusi di Israele e di Siria hanno già rinominato gli eventi di questi giorni come il “7 ottobre druso”.
Seguo le notizie da due canali israeliani: morti stimati non meno di un migliaio; voci riferiscono 1200; l’ospedale druso di Suwayda assaltato, pazienti uccisi nei loro letti, donne e bambini rapiti (ricorda qualcosa?), anziani e leader religiosi (facilmente riconoscibili per abbigliamento, copricapo e barba) prima umiliati (taglio di baffi e barba, vi ricorda qualcosa: Est Europa 1939-1945?) e poi eliminati in strada. Gli autori: esattamente gli stessi tagliagole fanatico-islamisti del 7 ottobre in Israele: di qua tagliagole palestinesi; di là tagliagole beduini e complici i tagliagole governativi.
Caos alla frontiera tra Israele e Siria sul Golan: drusi israeliani si ammassano, sfondano la frontiera e corrono in aiuto di correligionari e, molto spesso, famigliari drusi di Siria; drusi siriani scappano verso Israele; dove trovano tratti di confine ancora chiuso, donne druse buttano – letteralmente – i bambini oltre i reticolati, per farli arrivare nelle mani di israeliani…drusi o ebrei poco importa; importa toglierli dalle mani dei tagliagole islamisti.
Soldati israeliani imbarazzati ma forse anche sconvolti; ma anche empatici finché possono. Regolano “il traffico” – totalmente irregolare – come possono; allestiscono posti di ritrovo e assistenza. Israele interviene: attacca le colonne dei tagliagole beduini e governativi; attacca il ministero della difesa siriano. Interviene direttamente e manda messaggi chiari: difenderemo i drusi di Siria.
I tagliagole governativi ora bloccano la stampa straniera; diffondono le prime statistiche: 99% dei beduini e governativi morti, uomini in armi, più
8 donne; tra i drusi, oltre il 60% dei morti: donne, anziani, bambini. Tutto questo lo sappiamo già. Le reazioni del mondo civile? Esattamente come il 7 ottobre 2023; impatto zero. «Si fermi la violenza»; «tacciano le armi»; «si alzi forte un grido per la pace».. le brigate meccanizzate della tastiera (e del megafono) sono già in azione. Manca solamente «scriviamo un DPCM» (magari stile COVID… da 300 pagine), farà sicuramente effetto.
E se ci si fermasse qui, ancora andrebbe bene.
Ma no! Anche qui – comparendo la parola “Israele” – è necessario instillare il veleno. Le reazioni della stampa di sinistra: «Israele attacca la Siria»; «Dal cosiddetto confine sui territori siriani del Golan occupato, Israele…»; «Drusi cosiddetti israeliani dal Golan siriano occupato…». Irrilevante che si intervenga per fermare un massacro in corso; rilevante rispolverare le ossa della zia Sofia della Guerra dei sei giorni e della guerra del Kippur; che nulla c’entrano con i drusi sgozzati; ma che – perbacco! – rimettono “l’entità sionista” al suo posto.
Ma stampa anche non di sinistra: «La fragile pace in Siria continua a essere minacciata dalle violenze settarie che vedono coinvolti i drusi e dai continui attacchi di Israele»…«Israele, Turchia, interessati a spartirsi la Siria». Irrilevante che una intera città venga messa a ferro e fuoco per il solo fatto di non essere musulmana in un paese islamico; sicuramente “c’è dietro qualcosa” se Israele interviene… Infatti, “noi mica interveniamo, noi non abbiamo interessi; lo dimostra il fatto che li lasciamo sgozzare”. Avviene una strage poco oltre il confine: una strage operata dalle stesse categorie di tagliagole del 7 ottobre; le vittime chiedono aiuto a Israele; Israele interviene; Israele è criticato. Non interessa più di tanto che, di nuovo, tagliagole islamisti, facciano fuori chi non è come loro; non interessano più di tanto nemmeno le vittime; non si ha forse nemmeno la minima idea di dove si trovi Suwayda; né di che cosa siano i drusi. Interessa solo l’intervento di Israele. “Jews is news! Always bad news!”.
Viene il dubbio che, se al posto dei fantaccini Onu, a Srebrenica ci fosse stato un battaglione IDF e avesse impedito gli 8700 trucidati, anche allora qualcuno avrebbe trovato da condannare. Disse una volta un intellettuale palestinese a un suo collega israeliano: «Vedi, non è a me che il mondo è interessato; ma a voi, a voi ebrei». E poco importa – anzi, dal 7 ottobre 2023 è diventato del tutto irrilevante – che si tratti di ebrei e/o di Israele. Ma l’interesse è comunque sempre monodirezionale; Israele sbaglia; sempre; by default; per il solo fatto di essere Israele.
Che Israele venga criticato per essere intervenuto per fermare e/o comunque limitare una strage – compiuta da islamisti – non è più nemmeno anti-israelianismo o anti-sionismo o ossessione anti-israeliana; è falso ideologico; è marciume morale; è malattia mentale. Solo un malato di mente può criticare chi – anche con la forza e anche con una forza letale – interviene per bloccare un più grande bagno di sangue già in corso. Ma è anche un chiaro segnale che noi ebrei dobbiamo cogliere: una società e cultura che criticano Israele perché non rimane indifferente davanti al sangue del proprio prossimo, sono una società e una cultura che, esattamente come non hanno fatto nulla per Israele dal 7 ottobre, non faranno assolutamente nulla se un 7 ottobre dovesse ricapitare; magari anche qui da noi, in Europa, o in Italia.
Achille Lauro e Sigonella: ricordano qualcosa? La bara buttata dai sindacati di sinistra davanti alla sinagoga di Roma: indicava qualcosa? L’attentato – quello sì, voluto e non di striscio e per errore – alla stessa sinagoga: ha detto qualcosa? Suwayda ci insegna qualcosa? Sì, ci insegna molto: che ancora una volta non dobbiamo confidare in chi ci appare generoso; in persone, organizzazioni o partiti o “società civili”, da cui non verranno né aiuto né salvezza. Rendiamoci conto che dall’8 ottobre, un intero paese è stato venduto per il solo fatto di avere osato reagire a un massacro e a un sequestro di massa; eventi e atrocità che non si vedevano dai tempi del nazismo e che – senza alcuna sorpresa – si sono rivisti oggi ad opera di tagliagole islamisti.
Ma Suwaudia ci indica molto chiaramente che, nuovamente, è questo l’unico paese da cui ci si può aspettare aiuto e confine aperto quando la stessa esistenza fisica sia messa in discussione. Difficile distinguere tra fascinazioni per nazismo e islamismo che tutto hanno giustificato, allora come oggi; o il venti-secolare pregiudizio antiebraico che è proprio “anti” tutto ciò che è ebraico, compreso lo “stato ebraico”. Ma questa distinzione, in fondo, per noi ebrei è assolutamente irrilevante; c’è chi dice «dalla padella alla brace»; ma forse vale meglio «zu trefà vezu nevelà».
Paolo Pozzi